Non di solo profitto vivono le aziende, ma dello scopo sociale che giustifica la loro esistenza. Potrebbe essere questo il riassunto del messaggio che lo scorso gennaio Larry Fink – numero uno di BlackRock, la più grande società d’investimento esistente – ha lanciato al mondo del business, invitando le imprese a creare valore non soltanto per gli azionisti ma anche per l’ambiente e per tutti gli stakeholder.

Tale messaggio è stato raccolto dalla stessa Business Roundtable americana, omologa della nostra Confindustria, che ad agosto ha prodotto una dichiarazione sul “purpose” delle imprese firmata da 181 Amministratori Delegati. “L’unico modo per avere successo a lungo termine – ha detto infatti Jamie Dimon, Presidente della Business Roundtable e numero uno di JP Morgan – è investire nei lavoratori e nelle comunità”. Analogo l’indirizzo di James Gorman, CEO e Presidente di Morgan Stanley, che intervenendo al Congresso degli Stati Uniti ha integrato queste riflessioni alle più ampie preoccupazioni relative al climate change, affermando che “se non abbiamo un pianeta, non potremo certo avere un buon sistema finanziario”.

Ma in cosa consiste, davvero, un’azienda “purpose driven”, guidata cioè dallo scopo sociale (e ambientale) che presiede alla sua stessa esistenza? E come se ne costruisce, concretamente, una che possa funzionare e prosperare?

Per rispondere a queste e altre domande, il Gruppo Hera ha ospitato oggi presso la propria sede bolognese il convegno dal titolo “Alla ricerca del purpose. Il senso delle organizzazioni tra aspettative degli stakeholder, macro-trends e implicazioni sul business”. L’evento è parte integrante delle attività di Heracademy, la Corporate University del Gruppo, e ha visto la partecipazione di importanti esponenti del mondo dell’impresa, della ricerca e dell’università, che assieme ai vertici della multiutility si sono alternati per approfondire i tanti aspetti di un tema che si candida a definire i nuovi standard cui le imprese di oggi e di domani dovranno orientarsi per garantire un futuro a se stesse, all’ambiente e alla società in cui operano. Individuare e coltivare il proprio scopo sociale, orientando sulla base di esso le proprie strategie di lungo termine, diventa cioè la bussola più sicura che le aziende possono adottare in un periodo caratterizzato da grandi rivolgimenti geopolitici, economici, sociali, tecnologici e ambientali, come delineato da Enrico Sassoon (Harvard Business Review Italia) con l’illustrazione dei macrotrends 2019. Fra gli ospiti, inoltre, è intervenuto anche Giovanni Sandri, Managing Director di BlackRock Italia, perché una delle prospettive più sfidanti e al contempo decisive è proprio quella adottata dal mondo della finanza e degli investitori, sempre più sensibili al tema della sostenibilità.

“Oggi il purpose è una dimensione dalla quale le imprese non possono più prescindere – commenta Tomaso Tommasi di Vignano, Presidente Esecutivo del Gruppo Hera – Per creare valore e governare il cambiamento, infatti, occorre che ogni azienda si interroghi sulla ragione più profonda della sua stessa esistenza, cioè sullo scopo sociale che deve individuare e perseguire in maniera coerente nell’interesse di ambiente, comunità, lavoratori, fornitori e clienti. In Hera tutto questo passa attraverso un lavoro quotidiano e capillare, che coinvolge tutti i lavoratori con l’obiettivo di allineare la strategia e le applicazioni progettuali al purpose dell’impresa. Ecco perché, ad esempio, investiamo risorse importanti nello sviluppo della professionalità e della responsabilità dei nostri lavoratori, con oltre 250 mila ore di formazione erogate nel solo 2018, centrate anche su valori etici e cultura d’impresa.”

“Sempre di più la società civile chiede alle imprese un ruolo attivo nel fronteggiare temi ambientali, sociali ed economici, e questo non può che tradursi nella riscoperta di dimensioni irriducibili al solo profitto per gli azionisti – dichiara Stefano Venier, Amministratore Delegato del Gruppo Hera – D’altra parte, un’impresa che porti valore all’ecosistema allargato nel quale si colloca contribuisce a creare condizioni che si rivelano salutari per la sua stessa capacità di generare ricchezza, anche e soprattutto nel lungo periodo. Mettendo al centro il purpose, inoltre, riusciamo a intercettare una domanda di senso che è sempre più pressante fra i millennials in cerca di lavoro. Questo è fondamentale per consolidare le basi di un’organizzazione che sia sempre più sensibile, inclusiva ed osmotica, capace come tale di affrontare con agilità le tante sfide che ci attendono.”

Il Gruppo Hera lavora da tempo nella direzione indicata dalle riflessioni sul purpose, impegnandosi in modo pionieristico anche sul fronte della finanza sostenibile. Dopo il lancio del primo green bond in Italia nel 2014, in particolare, proprio quest’anno la multiutility ha attivato con quattro istituti di credito una nuova linea revolving sostenibile, basata su un meccanismo premiante legato al raggiungimento di specifici obiettivi ambientali, sociali e di governance (ESG).

Ma non è tutto. Hera, infatti, continua a incrementare le quote di margine operativo lordo a valore condiviso, cioè quella ricchezza che deriva da attività pianificate per rispondere agli interessi dell’impresa e, insieme, alla esigenze ambientali e sociali del contesto esterno. Attraverso questo impegno, in particolare, la multiutility persegue 11 dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile indicati dalle Nazioni Unite. Nel 2018 il MOL a valore condiviso ha raggiunto i 375 milioni di euro, pari al 36% del MOL complessivo, percentuale che il Piano Industriale conta di far salire fino al 40% entro il 2022.

Ospitando questo convegno, Hera ha dunque inteso ribadire le ragioni più profonde del proprio modo di fare business, per dare slancio a un dibattito positivo che orienti gli sforzi di chi fa impresa in direzione di obiettivi comuni da cui non è più possibile prescindere, con particolare riferimento alla mitigazione degli effetti del cambiamento climatico e alla transizione progressiva e sistemica verso modelli di sviluppo sempre più sostenibili e inclusivi.