Da tempi non sospetti CNA sottolinea come i diversi decreti originino confusione interpretava rispetto alle diverse limitazioni introdotte. Ne è un esempio quello dello scorso 3 novembre, che non precisa quali attività siano chiuse, nelle zone gialle, durante i week end, né che tipologia di mercati possano rimanere aperti. E la situazione non è stata chiarita dalla circolare emessa quattro giorni dopo proprio per cercare di fare chiarezza, evidentemente senza riuscirci.

Così sabato scorso si è assistito all’apertura di saloni di bellezza in alcuni centri commerciali e alla chiusura in altri, a mercati aperti e ad altri chiusi. A farne le spese sono alcune categorie – quella dell’acconciatura e dell’estetica, ad esempio, ma anche le attività artigianali della ristorazione – che non sanno se possono tenere aperto o no e che, beffa oltre al danno, sono esclusi dai ristori.

“E’ una situazione non più tollerabile – commenta Alberto Papotti, segretario provinciale di CNA Modena – quasi offensiva per chi ha investito e investe nella sicurezza per poter continuare a lavorare”. Per questo oggi inviteremo le imprese associate dei settori interessati a tenere aperto nei week end, mettendoci a disposizione per sostenerle, nel caso di controlli”.

“Riteniamo incongruente che un salone di bellezza possa – giustamente, applicando tutti i protocolli del caso – rimanere aperto in un centro storico (magari affollato, anche a causa dell’assenza di controlli nelle piazze e nelle vie), mentre un analogo salone debba rimanere chiuso in un centro commerciale”.

“Noi non contestiamo i provvedimenti, contestiamo il modo con cui questi sono presi: testi scritti male, in modo poco chiaro, che anziché risolvere problemi interpretativi, li creano, affidando alle imprese e alle Associazioni le responsabilità delle scelte in merito ad eventuali aperture. Meccanismi che, come nel caso di famigerati codici Ateco, fanno sembrare scelte importanti una lotteria. È in questo contesto che abbiamo deciso di assumerci le nostre responsabilità, cosa che le istituzioni pare non abbiano intenzione di fare”.

“Le imprese hanno bisogno di risposte certe e di equità che potremmo definire decisionali, due fattori che si stanno perdendo nel marasma di conflitti istituzionali dove nessuno ha il coraggio di prendere decisioni univoche. E di queste certezze, questa equità sono fattori basilari se si vuole arrivare ad una generale accettazione, se non ad una condivisione, delle limitazioni, in particolare quelle più pesanti”, conclude Papotti.