I Carabinieri della Compagnia Bologna Centro e della Stazione Bologna San Ruffillo hanno eseguito un’ordinanza di applicazione di misure cautelari in carcere per associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio, alla truffa, al possesso e alla fabbricazione di documenti di identificazione falsi, nonché misure patrimoniali, come conseguenza dei reati di riciclaggio e indebito utilizzo e falsificazione di carte di credito e di pagamento.

Il provvedimento è stato emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Bologna, Dott.ssa Rossana Oggioni, su richiesta del Sostituto Procuratore della Repubblica di Bologna, Dott.ssa Manuela Cavallo che ha coordinato le indagini dei militari per risalire a un’organizzazione criminale che agiva in varie regioni d’Italia.

L’attività investigativa viene avviata a marzo 2019, quando un anziano bolognese si era rivolto ai Carabinieri della Stazione Bologna San Ruffillo per denunciare dei prelievi fraudolenti avvenuti sul suo conto corrente, “alleggerito” di 6.500 euro. In particolare, la vittima aveva riferito che la sera precedente al prelievo, una donna, qualificandosi per una dipendente della sua banca (ruolo di “telefonista”), lo aveva chiamato telefonicamente per informarlo che si erano verificati dei problemi di spedizione della nuova tessera bancomat che l’anziano aspettava di ricevere. Durante la conversazione telefonica, la donna induceva la vittima, attraverso varie scuse, a digitare sulla tastiera del telefonino il “codice PIN” della carta, in arrivo, considerato che il numero segreto gli era stato comunicato a parte qualche giorno prima con un messaggio SMS. L’istituto di credito preso di mira dall’organizzazione criminale, infatti, utilizza questo metodo per aumentare la sicurezza delle nuove tessere bancomat, recapitandole ai clienti senza i codici segreti i quali, invece, sono trasmessi separatamente con messaggi SMS.

Una volta che il correntista viene in possesso dei due elementi, bancomat e PIN, può attivare la nuova carta da uno sportello qualsiasi dell’istituto di credito in questione, purché situato nella provincia di residenza. E’ per questo motivo che entra in scena la figura criminale del “corriere di provincia” ovvero di un membro della banda che, venuto in possesso del bancomat e del codice PIN carpito dalla telefonista, si reca nella provincia di residenza della vittima per prosciugarle il conto e svanire nel nulla.

Attraverso questa tecnica, i Carabinieri della Stazione Bologna San Ruffillo hanno scoperto che tra marzo 2019 e aprile 2020, l’organizzazione criminale era riuscita a portare a segno 90 episodi criminali per un valore totale di circa 400.000 euro, in diverse regioni d’Italia: Emilia Romagna, Veneto, Trentino Alto Adige, Lombardia, Piemonte, Campania e Lazio.

Nella trappola dei malviventi erano finiti anche il parroco di un comune del bolognese e un musicista di un noto gruppo musicale italiano.

Nel corso delle indagini, i militari hanno scoperto che le buste di posta ordinaria spedite dall’istituto di credito a favore dei suoi clienti venivano sottratte da soggetti ignoti nei compartimenti postali di Bologna, Padova e Peschiera Borromeo (MI) e trasmesse alla solita telefonista. Questa, dopo aver carpito i codici PIN, le consegnava ai vari corrieri di provincia, incaricati di avviare la procedura di “alleggerimento bancario” ai danni dei correntisti colpiti dal clan. Un 54enne e suo cognato 39enne, rispettivamente “capo” e “braccio destro”, sorvegliavano le operazioni criminali vivendo nel lusso, seduti a tavoli di ristoranti stellati che raggiungevano a bordo di super car prese a noleggio.

L’organizzazione criminale non amava la tecnologia: infatti, le operazioni illegali venivano monitorate dai vertici e commesse dai vari membri utilizzando dei telefonini di vecchia generazione, intestati a utenti inesistenti perché erano stati registrati mediante l’esibizione di documenti falsi. L’attività si è conclusa con l’arresto di 5 campani (tra i 38 e i 54 anni) e il deferimento a piede libero di ulteriori 6 persone e l’emissione di sequestro preventivo per equivalente a carico di otto indagati, corrispondente ai proventi dei delitti contestati: 400.000 euro circa.

Tra gli indagati anche 2 fruitori di “Reddito di Cittadinanza”, mentre altre 3 persone tra i conviventi degli stessi indagati risultano percepire il beneficio (tra i 474 e i 1050 €).