La studentessa nonantolana Giulia Ghidoni è tra le autrici del libro “Covi di Parole – storie di una pandemia”, un progetto realizzato da un team tutto al femminile, destinato a rimanere nella storia del territorio emiliano perché racchiude gran parte di questo presente segnato dall’emergenza sanitaria. Si tratta di una raccolta di sessanta storie di persone emiliane, di tutte le età, impegnate a raccontare la loro vita durante la quarantena. Sono storie di dolore, ma anche di tanto amore, che aiutano a trovare un raggio di sole nei momenti più difficili.

L’idea è nata da Francesca, una ragazza bolognese, – spiega Giulia Ghidoni durante il lockdown della primavera 2020. In un momento dove tutto era fermo, ha pensato a un modo per rendersi utile, quindi lasciare una traccia di quello che stava avvenendo raccogliendo delle testimonianze. Vista la gran mole di lavoro ha poi deciso di formare per questo progetto un team tutto al femminile”.

 

Parliamo di questo team tutto al femminile.

“Siamo 7 ragazze che si sono unite formando “The story team”. Non ci conoscevamo tutte tra di noi, ma abbiamo saputo fare squadra lavorando sei mesi assieme, tra frequenti videochiamate, l’unico modo per stare in contatto durante le restrizioni, e un importante lavoro di progettazione e di pianificazione del volume. L’impegno è stato notevole, comunque ripagato dall’esito del libro, perché il progetto ha occupato gran parte del nostro tempo libero, infatti i confronti spesso sono avvenuti on line alla sera dopo 8 ore di lavoro”. 

 

Qual è stato il momento più emozionante e più difficile?

“Il più emozionante è stato alla fine perché abbiamo visto all’interno delle pagine del libro tutti gli sforzi messi in campo. Solo in quel momento ci siamo rese conto di aver creato qualcosa partendo da un’idea. Personalmente poi quando ho visto la copertina è stato un momento da pelle d’oca. Il momento più difficile, invece, è stato l’inizio, quando avevamo tutte le storie, ma rimanevano i punti interrogativi su come raggrupparle. E’ stato difficile trovare una chiave di lettura, ma ci siamo riuscite”.

 

La storia che ti ha colpito maggiormente?

“Quella di una ragazza di 14 anni che ha raccontato la sua visione della pandemia e, nonostante le criticità, per lei questo momento ha significato soprattutto l’attaccamento alla famiglia. Da questa storia esce proprio il legame familiare. Sono tanti i racconti dove si nota questa voglia di trovare una chiave per uscire da questo terribile presente. Inoltre, tutte le storie sono molto diverse, alcune ad esempio fanno molto affidamento alla fede e altre sono propositive, quindi persone che si sono riscoperte grazie a questo tempo dedicato a se stesse”.

“Covi di Parole” è un progetto senza scopo di lucro, le entrate saranno devolute alla Fondazione Ant, realtà no profit che si occupa gratuitamente di assistenza medico-specialistica domiciliare ai malati di tumore e prevenzione oncologica. Il libro si può acquistare sul sito www.covidiparole.com