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Con 5336 parti nel 2020 contro 5314 del 2019 la Provincia di Modena ha visto un seppur minimo aumento di parti, in decisa controtendenza rispetto al trend nazionale ed al calo registrato in Regione (- 4 %). Modena si conferma il secondo punto nascita della Regione dopo Bologna con 2834 parti (oltre la metà di quelli in Provincia). Di questi 62 sono nascite da pazienti Covid positive (2%): il Policlinico sin dall’inizio della Pandemia è diventato, infatti, hub provinciale dei parti Covid. Questo impegno si è rafforzato con la gestione di 60 controlli ambulatoriali, nei primi 3 mesi del 2021, e con la nuova recrudescenza pandemica, di ulteriori 20 parti in donne Covid positive su un totale di 650; una decina di queste hanno presentato sintomi importanti, per quanto tutti risolti.

Sin dall’esordio della pandemia, come avviene per tutte le gravidanze difficili, i parti da pazienti Covid positive sono stati centralizzati sull’Ostetricia e Ginecologia del Policlinico, diretta dal prof. Fabio Facchinetti di UNIMORE. Fondamentale in questa rete è anche il ruolo dei centri spoke di Carpi, Mirandola e Sassuolo – che fanno capo al Dipartimento Materno-Infantile dell’Azienda USL, diretto dalla dottoressa Maria Cristina Galassi – dove sono stati istituiti percorsi in caso di mancata ricettività dell’hub o per parti imminenti. Ancora, è da sottolineare il prezioso lavoro svolto dalla rete dei consultori, nel seguire le donne Covid positive in gravidanza con interventi a domicilio insieme ai Medici di famiglia e alle USCA. Una volta dimesso, infatti, se il neonato manifesta dei sintomi, interviene l’USCA Pediatrica, grazie alla collaborazione tra gli specializzandi della Pediatria del Policlinico, diretta dal prof. Lorenzo Iughetti di UNIMORE, e i medici USCA afferenti al Dipartimento di Cure Primarie dell’Azienda USL, diretto dalla dottoressa Anna Franzelli.

La gestione di una simile mole di pazienti ha portato a una serie di interventi organizzativi. Da gennaio sono stati effettuati 1300 tamponi a donne entrate per partorire o per visite preparto o di follow up. Sin da marzo 2020 è stato attivato uno spazio di degenza esclusivo per Covid19, un ambulatorio, una sala parto, e una sala operatoria dedicati. Già da novembre 2020 è stato possibile assicurare il rooming-in per consentire il contatto mamma-bambino. “Questo risultato – aggiunge Facchinetti – è stato ottenuto grazie alla professionalità di tutto il personale, medici e ostetriche che ci ha consentito, in tutta sicurezza, di mantenere l’evento nascita nella sua fisiologia e il numero di cesarei non diverso dagli altri anni: questo dato è stato riscontrato anche nel resto della Regione e per questo lo abbiamo pubblicato su una rivista americana per dimostrare che il percorso nascita ha funzionato anche in epoca COVID. Come è noto solo la parto-analgesia al momento subisce delle importanti limitazioni perché gli anestesisti sono ancora molto impegnati nella gestione delle Terapie Intensive.”

I Dati dei primi tre mesi del 2021, in particolare gennaio – febbraio hanno mostrato un calo del 15-20% dei parti rispetto allo stesso periodo del 2020 e solo marzo ha visto una, seppur lieve, ripresa. Questo dato dimostra come il periodo del lock-down di marzo – aprile 2020, con l’incertezza che portò la prima fase della pandemia, ha visto un drastico calo dei concepimenti.

“Un aspetto importante – ha concluso Facchinetti – che stiamo osservando da gennaio a questa parte, è l’aumento delle gravide positive sintomatiche, caratteristica che di fatto non avevamo incontrato nel 2020. Stiamo parlando di una decina di pazienti, alcune con quadri clinici anche importanti, anche se tutti risolti. Di queste, tre hanno dovuto ricorrere anche alla Terapia Intensiva: tutto si è risolto, ma con la Dott.ssa Pecorari, responsabile della Responsabile laboratorio Virologia e Microbiologia Molecolare abbiamo appurato che è stata la variante inglese a indurre questo fenomeno, sebbene le donne gravide in generale sembrino reagire meglio alla malattia. In alcuni casi, i più gravi, è stato necessario ricorrere al cesareo d’urgenza per consentire una miglior ossigenazione al feto”.

Il Punto nascita del Policlinico è centro Hub per i parti difficili anche per la presenza della terapia Intensiva Neonatale, diretta dal prof. Alberto Berardi, che assiste circa 450 bambini prematuri all’anno e che ricorda: “Non abbiamo ancora osservato il trasferimento di anticorpi da madri vaccinate ai neonati, mentre per quanto riguarda la positività dei neonati possiamo dire che si è verificata solo in 3 casi, tutti con trasmissione dopo la nascita”. Dal 2020, dei 62 i neonati figli di madre Covid19 positiva assistiti al momento della nascita, 5 sono stati pretermine con età gestazionale inferiore alle 37 settimane. Di questi, 16 neonati sono stati ricoverati al settimo piano in Neonatologia dove è stata creata un’area dedicata. Dodici neonati hanno avuto necessità di un ricovero per motivi neonatali e nella maggior parte dei casi sono stati ricongiunti alla madre dopo un’osservazione transitoria. Quattro neonati, al contrario, sono stati ricoverati nel nostro Reparto in quanto le condizioni materne non permettevano l’isolamento congiunto, soprattutto negli ultimi mesi in cui si è osservato una maggior gravità della sintomatologia nelle puerpere.

“Il neonato positivo pretermine o che necessiti di supporti ventilatori – racconta il prof. Alberto Berardi, Direttore della Neonatologia – rimane 48 ore in una stanza isolata della Neonatologia in attesa dell’esito del tampone. Se negativo viene messo con gli altri neonati, altrimenti rimane in isolamento sino alla negativizzazione. In generale i sintomi dei neonati positivi sono, nella stragrande maggioranza dei casi, lievi. Quando il neonato è in buone condizioni, se la madre è asintomatica e quindi è grado di assisterlo, lo trasferiamo in reparto con la madre. È ormai assodato, infatti, che anche in caso di positività, è fondamentale salvaguarda la diade mamma-bambino e, soprattutto, l’allattamento al seno. Il latte materno, infatti, è un vero medicinale per il bambino, capace di proteggerlo da diverse infezioni e di fatto non è un veicolo di trasmissione nella grandissima maggioranza dei casi, come ha dimostrato, tra gli altri, anche, un nostro recente studio pubblicato sulla rivista Pediatrics (organo ufficiale della American Academy of Pediatrics), relativo al caso di un neonato pretermine che, durante la prima ondata, ha ricevuto involontariamente per alcuni giorni latte della propria madre, (scoperta positiva dopo il parto) e che non si è ammalato. È quindi possibile che il latte abbia in realtà un valore protettivo, attraverso le molte sostanze difensive in esso contenute. Sul tema sono in corso diversi studi, ad alcuni dei quali stiamo partecipando anche noi”.