Martedì 7 giugno 2022, alle ore 20.30, presso il Salone del Pellegrino del Santuario diocesano di Fiorano, sarà presentato  il progetto per una pubblicazione e un video dedicati a Don Eligio Silvestri,  dal 1979 al 1997 parroco di Fiorano, rimasto nel cuore di tutti per la sua umanità, generosità, simpatia, modestia, semplicità, ma anche concretezza nel raggiungere importanti traguardi per la comunità.

Dopo la presentazione ci sarà la possibilità di una serata conviviale con prosciutto, melone, gnocco fritto, acqua e vino (15 euro, prenotazione ai nn. 370.30.75.590 e 334.124.14.552), ricavato destinato al finanziamento del progetto.

Don Eligio Silvestri è nato a Gaggio di Castelfranco il 23 ottobre 1921, ordinato sacerdote il 31 marzo 1945, negli ultimi giorni della seconda guerra mondiale, nella cappella del seminario di Cognento.

Svolge il suo ministero in diverse parrocchie: cappellano a Ganaceto, poi a Rivara; parroco ad Albareto poi a S. Lazzaro.

Dal 1968 al 1976 è missionario nella diocesi di Goias, in Brasile. Tornato in Italia viene nominato economo spirituale a Spezzano, poi a Castelnuovo Rangone, quindi a Montecreto, Acquaria e Magrignana, prima di tornare nel pedemonte come economo spirituale di Rocca Santa Maria, Nirano e Fogliano.

Nel 1979 viene nominato arciprete di Fiorano e vi resta fino al 1997 (dal 1987 al 1997 è anche parroco di Rocca S. Maria).

Ma il richiamo del Brasile è troppo forte. Vi ritorna nel 1997, a Itaberai, diocesi del Goias e vi rimane per dieci anni, quando il peso dell’età, 85 anni, rende necessario il ritorno a Modena.

Dal 2007 al 2021 è collaboratore parrocchiale a San Pio X, quindi, fino al 2016, amministratore della parrocchia di S. Anna di San Cesario, per ritirarsi poi alla Casa del Clero dove muore l’8 novembre 2019.

A Fiorano Don Eligio ha contribuito in modo determinante a dare nuovo impulso alla devozione per la Beata Vergine del Castello: con il sostegno della comunità parrocchiale, di privati e dell’amministrazione comunale ha consolidato il colle, restaurato l’interno e l’Immagine Miracolosa, organizzato mostre, valorizzato il patrimonio archivistico e la quadreria, riuscendo a fare inserire Fiorano fra le tappe della visita di Giovanni Paolo II a Modena e ad ottenere per il santuario il titolo di basilica minore. Lo ha fatto con l’impegno diretto e dando fiducia e spazio a chi gli era vicino.

Altrettanto vigore ha posto per le opere parrocchiali; restaurato i dipinti e realizzato il riscaldamento sotto il pavimento della chiesa di San Giovanni Battista; acquisito attraverso donazioni i beni immobili diventati centro parrocchiale e oratorio San Filippo Neri; ricostruito il Cinema Primavera distrutto da un incendio; ha svolto importanti interventi sulle strutture del Coccapani, sia la scuola materna che la casa per gli anziani.

C’è una poesia del fioranese Augusto Amici  che bene racconta Don Eligio: “Scherza e ride con te, quando va via / ti rimane un sapor di simpatia, / una cordialità, un cuore buono / come se fosse un santo e non un uomo. / E non ama te solo. Ama la gente / e del denaro non gl’importa niente”.

E il vescovo di Goias Eugenio Rixen, ha inviato un ricordo di Don Eligio, letto durante le esequie: «E’ stato un vero missionario, appassionato per Gesù e per il popolo. Ha trasmesso bontà a tutti, ma principalmente ai poveri. Solo chi ha fatto una profonda esperienza di Gesù Cristo è capace di trasmettere pace e allegria. Eligio ha saputo conquistare gli abitanti di Itaberaí grazie all’amore che portava dentro di sé. Don Eligio ha lottato molto per migliorare la vita dei più poveri. Il suo esempio di vita continua ad essere presente in mezzo a noi».

Sempre alle esequie, il sindaco Francesco Tosi, esprimendo il cordoglio della comunità, aveva detto: “Mi dicono che, quando diversi anni fa gli venne affidata la parrocchia di Fiorano, qualche parrocchiano fece notare la eccessiva, diciamo, umiltà del nuovo rettore del Santuario rapportata a quel ruolo: quanto diversa è la sapienza del mondo dalla sapienza di Dio. Sono certo che quelle persone si siano poi, presto, nel tempo, ricredute. Quella di don Eligio era la sapienza di chi ha una percezione netta delle cose che contano, una conoscenza nitida della essenzialità della vita, unita, proprio per questo, ad una attenzione singolare, senza fronzoli né ricerca di motivazioni intellettuali, agli ultimi, ai più deboli: insomma, una particolare innata sensibilità verso la giustizia. Un dovere questa da non assegnare agli altri, ma da vivere in prima persona”.