«Senza acqua si rischia di non raccogliere nulla delle varietà medio-tardive, ma il bilancio è amaro – lo dice chiaro il presidente dei produttori di pomodoro da industria di Confagricoltura Emilia Romagna, Giovanni Lambertini – anche per coloro che hanno cominciato a conferire agli stabilimenti di trasformazione: costi di coltivazione insostenibili».

Sono dure le parole di Lambertini. Dalla firma dell’accordo-quadro per la campagna 2022 del pomodoro da industria del Nord Italia (lo scorso 12 aprile), i prezzi di energia, carburanti e mezzi tecnici sono lievitati a dismisura. «Nel secondo trimestre, causa siccità e crisi energetica, le principali voci di spesa hanno registrato un ulteriore balzo. Sono esplosi i costi per mantenere in funzione gli impianti irrigui spingendo al massimo il consumo di energia elettrica e gasolio; è andata sempre peggio – sottolinea il produttore piacentino – perché il grande caldo non dà tregua. È inoltre proseguita la corsa dei prezzi di fitofarmaci e fertilizzanti, che figurano tra i prodotti più rincarati».

Confagricoltura Emilia Romagna lancia l’allarme, in gioco c’è la produzione di pomodoro da industria in Emilia-Romagna su circa 25.000 ettari coltivati. Le criticità rilevate in campo scontano gli effetti del cambiamento climatico: sovramaturazione, anomalie del frutto e malattie delle piante dovute alla siccità e al grande caldo; sovrapposizione delle epoche di raccolta (ad esempio, tra varietà precoci e medio-precoci visto che, in alcuni areali, i trapianti di aprile sono stati rallentati dalle piogge), oppure, semplicemente, per una accelerazione del processo di maturazione. Preoccupano le aree fragili dove manca la risorsa idrica per le irrigazioni (la valle del Trebbia e a destra del fiume Arda nel piacentino; la valle dell’Enza e gli affluenti del Po Parma, Taro e Baganza nel parmense; il delta del Po e la risalita del cuneo salino). Confagricoltura si batte da tempo per la realizzazione di invasi di stoccaggio ad uso plurimo.

«La nostra regione rappresenta il 68% della superficie totale investita nel Nord Italia – ricorda il presidente di Confagricoltura Emilia Romagna Marcello Bonvicini –. Cosa succederà nella prossima campagna se non ci attiviamo subito a sostegno delle aziende produttrici? A queste condizioni, e con rischi così elevati, chi coltiva più pomodoro da industria? – si chiede il presidente regionale – i produttori ci penseranno non due ma mille volte prima di piantare. Bisogna garantire la tenuta del comparto, aiutare le aziende agricole a superare la crisi di liquidità, a ripianare i mancati introiti, altrimenti le coltivazioni di pomodoro in Emilia-Romagna subiranno una drastica riduzione nel 2023».