La prevenzione, prima di tutto. In Emilia-Romagna torna ai livelli pre-pandemia l’adesione agli screening oncologici messi gratuitamente a disposizione dal Servizio sanitario per la diagnosi precoce e la cura di alcune delle forme più diffuse di tumore: quelli al colon-retto, al collo dell’utero e alla mammella.

 

A rilevarlo, i dati aggiornati al 30 giugno 2022 relativi ai tre programmi di screening oncologici che vengono costantemente monitorati dall’assessorato regionale alle Politiche per la salute.

Le persone delle rispettive fasce di età che hanno eseguito il test nei tempi raccomandati sono: il 71% della popolazione target femminile per lo screening mammario; il 64% per lo screening della cervice uterina, il 52% per lo screening colorettale. Dati pienamente sovrapponibili a quelli dell’epoca pre Covid, che confermano oltre al pieno recupero dei numeri la centralità dei programmi di prevenzione e diagnosi precoce messi in campo dalla Regione.  E che, purtroppo, continuano a dimostrare come l’adesione allo screening per i tumori del colon retto sia ancora nettamente inferiore a quella degli screening femminili, nonostante questo tipo di carcinoma rappresenti la seconda causa di mortalità per patologie oncologiche in Emilia-Romagna, considerando l’intera popolazione maschile e femminile.

Altra conferma, positiva, quella sull’efficacia dei programmi: l’introduzione dello screening ha ridotto enormemente la possibilità di avere una diagnosi in fase avanzata (cala del 26% l’incidenza delle forme avanzate di carcinoma mammario) e di morire a causa del cancro: -50% la mortalità per il tumore del colon retto.

 

Il monitoraggio, nel dettaglio

Al test biennale per la diagnosi precoce dei tumori del colon retto – previsto dal 2005 per la fascia 50-69 anni attraverso la ricerca del sangue occulto nelle feci – ogni anno aderiscono poco meno di 300.000 persone, su una popolazione interessata di oltre 1 milione 250mila tra uomini e donne. Successivamente, con test risultato positivo, circa 10.000 si sottopongono alla colonscopia di controllo, e in 2.300 persone vengono identificate e rimosse lesioni pre-tumorali a rischio o tumori. Recenti studi hanno evidenziato un calo del 28% di nuovi tumori diagnosticati e una riduzione di mortalità che supera il 50% in coloro che hanno aderito allo screening.

Sono 160.000 le donne che annualmente si sottopongono al test di prevenzione per i tumori del collo dell’utero – effettuato con Pap test triennale nelle donne tra i 25 e i 29 anni e con test Hpv quinquennale tra i 30 e i 64 anni – e circa un migliaio quelle alle quali vengono diagnosticate lesioni pre o cancerose. In Emilia-Romagna il programma riguarda oltre 1.250.000 donne residenti e domiciliate ed è attivo dal 1996 per la fascia 25-64 anni con Pap test e a partire dal 2016 con Hpv test.

Infine, sono 350.000 le donne che si sottopongono a mammografia, con cadenza annuale per la fascia 45-49 anni e biennale tra i 50 e i 74 anni; circa 20.000 eseguono gli approfondimenti che permettono di identificare un tumore al seno in oltre 1.800 donne.

Anche in questo caso l’importanza della diagnosi precoce nella prevenzione delle malattie oncologiche femminili è dimostrata dal calo d’incidenza dei tumori alla cervice uterina (-40%) e delle forme avanzate di carcinoma mammario (-26%) a 7-10 anni dall’avvio dei programmi di screening. Ancora, partecipare allo screening riduce del 56% la probabilità di morire per tumore al seno. E proprio in questo ambito, dal 2012 la Regione ha previsto un programma per l’identificazione dei soggetti a rischio eredo-familiare per tumore della mammella e ovaio con la definizione di percorsi specifici, integrati con i programmi di screening, per le donne a rischio aumentato.

A conferma che, nell’ambito delle politiche di prevenzione, gli screening oncologici rivestono un ruolo centrale e sono un esempio di reti integrate, gestite in Emilia-Romagna con un approccio multidisciplinare e multiprofessionale che accompagna la persona in tutte le fasi del percorso: dalla diagnosi fino al trattamento e follow up per le lesioni precancerose. Con l’obiettivo di ridurre sempre più la mortalità, favorire la diagnosi precoce e incentivare la più ampia adesione possibile della popolazione residente e domiciliata in regione.