L’industria italiana delle piastrelle di ceramica chiude il 2022 con una sostanziale conferma dei volumi di produzione, vendite ed export registrati lo scorso anno. La domanda di ceramica made in Italy, proveniente da tutti i Paesi del mondo, ha registrato un progressivo rallentamento durante l’anno. Una situazione condizionata dai fortissimi rialzi nel costo dell’energia, che per la sola componente termica ha determinato un aggravio superiore a 1 miliardo di euro. Necessario l’avvio dell’estrazione del gas nazionale, grazie all’emanazione dei decreti attuativi, da destinare ai settori più esposti al costo del metano, tra cui la ceramica, al fine di recuperare competitività internazionale.

Sono queste alcune delle evidenze emerse durante la conferenza stampa di questa mattina ed approfondite, relativamente alla situazione ed alle prospettive del mercato immobiliare italiano, nel corso di un convegno tenutosi nel pomeriggio che ha visto l’introduzione di Stefano Bolognesi, Presidente Commissione per le Statistiche di Confindustria Ceramica, la relazione di Giuseppe Schirone (Prometeia) e la tavola rotonda a cui hanno preso parte Giovanni Savorani, presidente di Confindustria Ceramica; Emanuele Orsini, vice Presidente di Confindustria; Giuseppe Sibillia, direttore territoriale di BPER banca e Marco Grillo, CEO di AbitareIn.

L’anno 2022 delle piastrelle di ceramica

Il preconsuntivo 2022 elaborato da Prometeia evidenzia per l’industria italiana delle piastrelle di ceramica volumi di vendite intorno ai 458 milioni di metri quadrati (+0,7% rispetto al 2021), derivanti da esportazioni nell’ordine di 364 milioni di metri quadrati (+0,2%) e vendite sul mercato domestico superiori ai 93 milioni di metri quadrati (+2,6%). La crescita ha interessato l’area del Golfo ed il Far East, mentre stabili sono risultate le vendite in Europa Occidentale, Balcani ed America Latina; in flessione i mercati di Europa orientale e NAFTA. Le forti oscillazioni della domanda e dei costi produttivi registrati nel corso dell’anno richiedono una particolare attenzione nel valutare il dato di preconsuntivo della produzione, stimato da Prometeia in crescita del 3% a 448 milioni di metri quadrati.

Il commento del Presidente

“Dopo un 2021 che aveva visto un progressivo incremento dei volumi di vendita, l’anno che si sta per chiudere registra evidenze in linea con quelli dello scorso anno. In termini di quote, l’Italia raggiunge il 20%, un 48% è destinato ai mercati comunitari ed il restante 32% su quelli più lontani. La domanda di ceramica, ravvivata dopo il lockdown e rafforzata dalla volontà di riqualificare gli spazi abitativi ad ogni latitudine, si basa sulle riconosciute peculiarità del materiale – in termini di salubrità, resistenza, durevolezza, tra le altre – e sulle crescenti destinazioni di impiego del prodotto, sia in ambito edilizio che nell’arredo.

L’andamento della domanda, soprattutto nella prima parte dell’anno, ci consentirà di chiudere i bilanci con una crescita nei fatturati, ma non possiamo assolutamente rallegrarci. L’impressionante aumento nei costi di tutti i fattori produttivi, a partire dal gas naturale, sta mettendo a dura prova la competitività presente e futura delle nostre imprese.

Le quotazioni sul mercato TTF, guidate dall’emergenza e dalla speculazione, avevano fatto lievitare la bolletta del gas dello scorso anno da 250 milioni di euro al miliardo: in questo 2022 si sono registrati nuovi picchi, che nel mese di agosto hanno raggiunto anche 16 volte la media storica di lungo periodo. In questo panorama eccezionale, segnato dalla guerra, da forti sbilanciamenti sui mercati, da scelte politiche di indipendenza dal gas russo, l’assenza di una chiara politica energetica europea ha lasciato il campo a interventi disallineati dei singoli Stati membri, che introdurranno gravi squilibri competitivi all’interno dell’industria europea. E poiché il costo del gas non è cresciuto in tutto il mondo come in Europa, si è anche allargato il differenziale competitivo delle nostre industrie rispetto a quelle extra europee.

Diamo un giudizio positivo ai crediti di imposta su gas ed energia elettrica varati dai Governi Draghi e Meloni, ma questa crisi energetica ha bisogno anche di misure strutturali. La più importante è per noi la previsione di usare una quota crescente di metano nazionale per destinarlo ai settori gasivori. Questo sarebbe in grado di ridurre da subito le emissioni di CO2 legate all’import di gas e permetterebbe alle imprese dei settori non elettrificabili di non perdere gli investimenti fatti per la decarbonizzazione progressiva dei processi.

E’ urgente dare corso a questa misura, come abbiamo ricordato nel convegno del 18 novembre scorso a Ravenna, orientandola verso le imprese più esposte all’uso del gas e garantendo un costo corretto che garantisca una transizione energetica avente, nello stesso momento, anche una sostenibilità economica e sociale.

Per il nostro Paese che non ha il nucleare, non ha fonti da energie rinnovabili in eccesso, non ha biogas e per molto tempo non avrà idrogeno in misura significativa, la via italiana alla decarbonizzazione dei settori hard to abate non elettrificabili passa dal gas nazionale.

Il costo dell’energia in Europa è ulteriormente penalizzato dal meccanismo degli ETS, le cui quotazioni sono oggi nell’ordine di 85 euro a tonnellata. Dopo anni di applicazione il sistema europeo mostra la sua inefficacia in termini ambientali. Soprattutto l’extra costo che esso carica sulle produzioni europee non è oggi compatibile con il mutato scenario energetico. E’ urgente la sospensione del sistema ed una sua radicale riforma.

Gli extra costi energetici superiori ai 70 miliardi di euro per il Sistema Paese stanno inevitabilmente creando forti tensioni sul piano finanziario per famiglie ed imprese, soprattutto PMI anche del settore ceramico. Come settori energy intensive abbiamo lavorato con Confindustria ed ABI per proporre al Governo misure di moratoria sui mutui e più decisi interventi per il sostegno alla liquidità, analoghi a quelli adottati per far fronte alla pandemia, di cui auspichiamo una rapida attuazione.

La transizione energetica richiede anche di mantenere alta l’attenzione sugli interventi di adeguamento e rinnovo del patrimonio edilizio nazionale. In questa direzione, interventi di modifica del Superbonus – strumento che ha avuto il pregio di far ripartire il mercato nazionale – devono essere improntati all’efficacia della misura agevolativa ed alla sua sostenibilità economica, ma anche alla necessità di garantire stabilità nel tempo a tutti gli operatori”.