polizia-postaleNella giornata di ieri, gli investigatori del Compartimento Polizia postale di Bologna, supportati dai colleghi di Roma, con il coordinamento del Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni, hanno arrestato una persona, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal G.I.P. del capoluogo felsineo e sottoposto a perquisizione altre 5 tra la stessa Bologna, Roma e Parma. Sono tutti indagati per frode informatica e riciclaggio con l’aggravante della transnazionalità. Tra questi, un cittadino moldavo ed un ucraino, addetti all’esportazione di beni acquistati in frode verso l’est europeo. L’arrestato, invece, è un esperto informatico russo, considerato la “mente” del gruppo, che gestiva tutte le operazioni di riciclaggio del denaro e dirigeva le varie operazioni.

La centrale operativa del gruppo di hacker aveva sede a Roma ed era collegata all’organizzazione del latitante russo noto come “IL CALVO”, recentemente sfuggito alla cattura durante l’operazione dell’FBI “Game Over Zeus” e sul quale pende ancora una taglia di 3 milioni di dollari. Da lì venivano gestite tutte le operazioni di riciclaggio di denaro, provento di frode informatica in danno di conti correnti online e le operazioni di esportazione verso l’Ucraina e la Russia di beni tecnologici acquistati utilizzando carte di credito clonate.

In particolare, i beni acquistati in frode (smartphone di ultima generazione, PC portatili e devices ad alta tecnologia), dopo essere stati spediti a ignari cittadini italiani reclutati dall’organizzazione su portali online (con la promessa di un posto di lavoro quali “magazzinieri” per conto di fantomatiche società straniere), venivano esportati occultandoli tra i bagagli dei passeggeri in viaggio verso l’Ucraina, attraverso una ramificata rete logistica di trasportatori che garantivano le linee di collegamento dalle maggiori città italiane.

Tra gli oggetti di maggiore pregio acquistati con il denaro proveniente dai conti violati, anche orologi del valore ricompreso tra gli 80 ed i 120.000 euro, acquistati presso note oreficerie del nord Italia. Uno dei gioiellieri, peraltro, è stato denunciato per tentata truffa, in quanto avrebbe simulato l’avvenuta consegna del prezioso orologio al facoltoso acquirente, con il fine di poter trattenere il denaro già ricevuto oltre che il bene che, invece, era rimasto nella sua disponibilità.

Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Bologna, hanno preso avvio nel 2014 proprio a seguito della sottrazione dei 500.000 euro dal conto corrente online di una nota società di trasporti del bolognese. Gli investigatori, attraverso una capillare attività, che si è avvalsa di indagini telematiche affiancate a quelle tradizionali, hanno ricostruito il percorso partendo dall’analisi della provenienza dei beni, individuando il complesso reticolo di intermediari creato dagli hacker per celarne l’effettiva provenienza illecita.

Il russo arrestato ieri era sempre riuscito a dissimulare la propria identità. Le tracce informatiche e la sua voce lo hanno però tradito, permettendo agli investigatori di individuarlo.

Sono oltre 360 gli episodi illeciti contestati agli indagati dal 2014 al gennaio 2016.

Tra i danni più rilevanti registrati nel corso delle indagini, oltre alla sottrazione di 500.000 euro dal conto corrente di una società bolognese di trasporti, il furto di oltre 120.000 euro da un conto di una nota opera religiosa della città felsinea. In entrambi i casi gli investigatori della Polizia Postale e delle Comunicazioni sono riusciti a recuperare l’intero importo sottratto.

 

Il modus operandi era piuttosto sofisticato.

I criminali partivano da una massiva sottrazione di dati relativi a codici di carte di credito o di dati di accesso a rapporti creditizi attestati su piattaforme online (c.d. home banking).

L’illecita captazione di tali dati avveniva secondo precise modalità:

1) con attacchi informatici massivi a server, con l’invio di email ingannevoli ovvero captando l’impiego di carte di credito per spendite di svariata natura, al fine di acquisire codici di sicurezza idonei all’utilizzo online;

2) con invio di email “trappola” ovvero inoculazione di malware per l’acquisizione dei codici dispositivi per l’operatività online di conti correnti.

Contemporaneamente si procedeva al reclutamento di persone in cerca di lavoro con fantomatiche offerte d’impiego in qualità di “magazzinieri”, attraverso inserzioni online pubblicate nei maggiori portali di annunci gratuiti a rilevanza nazionale.

L’impiego proposto ai “neo assunti” era di due tipologie:

a) ricevere denaro sul proprio conto corrente da incassare per contanti e ritrasmettere a terzi all’estero attraverso sistemi di money transfert non tracciabili;

b) ricevere al proprio domicilio beni di valore acquistati in frode da spedire in Ucraina, attraverso la consegna ad “affidabili” trasportatori appartenenti ad una ramificata rete di vettori.

Gli organizzatori proponevano ai loro “magazzinieri” la sottoscrizione di un contratto per prestazioni ed offrivano contatti diretti con i responsabili delle società “fantasma”, procedendo al censimento dei dipendenti i quali dovevano inviare copia dei propri documenti di identità ed estremi delle proprie coordinate bancarie (IBAN) di conti correnti o carte ricaricabili. In tal modo, per un verso fidelizzavano il neo assunto collaboratore, per un altro ottenevano documenti e riferimenti personali utili per successive attività illecite.

I collaboratori diventavano così a loro volta vittime di altre iniziative criminali.

Ai neo-assunti “magazzinieri” veniva richiesto di procedere all’apertura del collo, all’esame del contenuto, alla rimozione dei dati di spedizione e quindi di eseguire più riprese fotografiche del bene prima ancora di consegnarlo a mano ai corrieri. La rete di corrieri ucraini riceveva i beni in luoghi prefissati e veniva ricompensata da complici/referenti alla consegna delle merci nei paesi dell’Est Europa.

In alternativa al trasferimento di denaro o all’acquisto di beni da inviare per il tramite dei corrieri, il gruppo criminale procedeva anche al riciclaggio di rilevanti somme attraverso l’acquisto di beni di elevato valore quali orologi e preziosi presso prestigiose oreficerie (anche per importi di 120.000 euro).