Aggiornati i dati dell’indagine sul valore aggiunto e sugli investimenti delle regioni, a cura di Unioncamere e dell’Istituto Tagliacarne.


Nel periodo 1999-2003 la crescita media annua del valore aggiunto sé è attestata all’1,3% e il settore economico che ha trainato maggiormente è stato quello delle costruzioni, seguito dai servizi.
A registrare il segno negativo l’industria. Il manifatturiero, nell’arco del quinquennio, ha apportato il 14,4% di ricchezza in meno al Paese.

“La ricchezza generata dalle imprese – ha commentato il Presidente di Unioncamere, Carlo Sangalli – deve essere indirizzata ad accrescere la capacità del sistema-Paese di produrre di più. La ripresa dello sviluppo passa necessariamente nella crescita del tasso di accumulazione dei sistemi produttivi locali e nella continua ricerca di una convergenza tra i livelli di reddito delle varie aree del Paese. L’andamento del valore aggiunto e degli investimenti negli ultimi anni – ha aggiunto il presidente Sangalli – conferma che c’è ancora bisogno di una forte attenzione della politica economica verso lo sviluppo del Sud, a partire dagli interventi che si vanno delineando nella legge finanziaria”.

Il raffronto tra investimenti fissi lordi e ricchezza prodotta (il valore aggiunto) fornisce i
tassi di accumulazione realizzati dai sistemi economici regionali, ovvero la chiave di lettura
per cogliere il percorso compiuto dalle regioni, in questi ultimi cinque anni, in risposta
all’evoluzione della congiuntura e nella ricerca di un assetto produttivo più robusto. La
palma della migliore attitudine ad accumulare risorse va al Trentino Alto Adige che ha
tradotto mediamente ogni anno il 28,6% della ricchezza prodotta in investimenti.
A poco più di due lunghezze di distanza, con un tasso di accumulazione medio annuo del
26,4%, segue il Molise, mentre sul terzo gradino del podio si colloca la Valle d’Aosta
(25,7%). All’estremo opposto, tra il 1999 e il 2003 hanno fatto più fatica mettere “grano in
cascina” la Liguria (ultima con il 16,6% del valore aggiunto reinvestito), il Lazio (18,4%) e
la Toscana (19,1%).