Ticket ristorante: continuano a piacere ai ristoratori, ma i problemi con le società di gestione sono in costante aumento. Pesano sugli esercenti soprattutto i ritardi nei pagamenti e le commissioni. Prevale comunque il no ad uno sciopero per non penalizzare i consumatori.


I buoni pasto rappresentano una fetta consistente del volume complessivo di affari dei ristoratori, sono però troppi i difetti legati alla loro gestione ed ai rapporti con le società che emettono i ticket. È questa l’opinione nettamente prevalente che emerge da un’indagine che Fiepet-Confesercenti ha condotto nelle scorse settimane sullo spinoso tema dei buoni pasto, sottoponendo ad un campione di 134 esercizi della provincia di Modena (92 bar e 24 ristoranti) un dettagliato questionario.

Lo strumento dei buoni pasto è considerato essenziale da tutti gli operatori intervistati, tanto che ogni esercizio in media ha sottoscritto 6 contratti con differenti società. Un dato che ne sottolinea in modo ancora più chiaro l’importanza riguarda la loro incidenza sul reddito: i
ristoratori infatti dichiarano che il reddito che ne traggono rappresenta una fetta consistente del volume complessivo di affari, arrivando addirittura al 70 per cento in 11 casi.

Non mancano però i problemi legati essenzialmente al rapporto con le società di distribuzione. Ben l’85 per cento dei pubblici esercizi intervistati lamenta infatti costanti ritardi nei pagamenti dei buoni
pasto; addirittura il 59 per cento denuncia errate contestazioni per la presunta falsità o scadenza dei ticket; in un terzo dei casi si verificano inoltre errori nel conteggio dei buoni. Situazioni queste che creano molti disagi agli operatori, costretti spesso ad estenuanti trattative per chiarire l’oggetto del contendere.
Ciò che però è considerato maggiormente vessatorio è l’ingiustificato aumento da parte delle società delle
commissioni, giunte ormai al 12 per cento. Una situazione ormai insostenibile e già più volte denunciata dalla Federazione Italiana Esercenti Pubblici e Turistici, che è frutto di una gestione speculativa dei buoni pasto.

Sullo spinoso punto il 71,2 per cento degli intervistati ritiene che bisognerebbe dare mandato alle Associazioni di categoria per trattare commissioni più eque e fissare un tetto massimo alle stesse; secondo il 74,3 per cento del campione si dovrebbe inoltre far inserire nei contratti di appalto per la fornitura di buoni pasto l’obbligo di non aumentare le percentuali di sconto nei confronti degli esercenti. Solo il 25,6 per cento, infine, riterrebbe utile proclamare un periodo di non accettazione dei buoni pasto. Una scelta che sottolinea la volontà dei ristoratori di non penalizzare in alcun modo i propri clienti.

Nessuna condanna quindi senza appello dello strumento, anzi sono gli stessi operatori a suggerire soluzioni per correggere le pesanti anomalie che si sono venute a creare nella gestione dei buoni pasto. Per il 59,3 per cento dei pubblici esercizi contattati, l’introduzione del buono pasto elettronico rappresenterebbe una forte semplificazione; il 46,2 per cento propone che il valore equivalente del ticket finisca in busta paga; mentre meno della metà (40,5 per cento) riterrebbe opportuno differenziare la propria politica dei prezzi verso chi utilizza i ticket.

“Occorre in tempi rapidi una disciplina del settore come abbiamo indicato da tempo – sottolinea commentando i dati Alberto Crepaldi, Segretario provinciale Fiepet-Confesercenti – Per questo abbiamo anche elaborato un disegno di legge, fatto proprio da esponenti della maggioranza e dell’opposizione, teso a regolamentare in modo chiaro ed univoco la materia ed a garantire una crescita del settore buoni pasto più equilibrata e trasparente. La legge è già stata depositata in Parlamento, ci auguriamo che possa presto prendere la strada della discussione e approvazione”.