Nel 2006 sono quasi raddoppiate le importazioni dall’estero di carne di agnello che rischiano di essere spacciate come Made in Italy per la mancanza dell’obbligo di indicare in etichetta la provenienza come è già previsto per la carne bovina e il pollame.

E’ questo l’allarme lanciato dalla Coldiretti sulla base dei dati Istat sul commercio estero relativi a gennaio 2006 dai quali emerge che in un solo mese sono stati importati dall’estero quasi 565mila chili di carne di agnello fresca, refrigerata o congelata, con un aumento del 66 per cento rispetto allo scorso anno.
Si tratta – sottolinea la Coldiretti – di un trend in crescita sul 2005 quando nel corso dell’intero anno è stata importata carne di agnello per un totale di 12,9 milioni di chili e un valore 59,4 milioni di euro con la Spagna, l’Inghilterra e la Francia che si classificano tra i principali Paesi fornitori. L’aumento del consumo che si verifica durante il periodo di Pasqua, quando la carne di agnello sarà presente in una tavola su tre, fa aumentare il rischio di incappare in prodotti “taroccati”, che vengono cioè spacciati come Made in Italy senza esserlo, a danno dei consumatori e degli allevatori nazionali.

La mancanza di trasparenza sull’origine del prodotto rende impossibile effettuare scelte consapevoli sulla base delle caratteristiche qualitative del prodotto e favorisce rincari ingiustificati dalla produzione al consumo e di conseguenza, nonostante il fatto che i prezzi quest’anno almeno all’origine sono mediamente più bassi (3-4 euro al chilo agli allevatori), anche se al consumo arrivano a valori compresi tra i 10 e i 15 euro, bisogna vigilare su eventuali speculazioni commerciali che possono verificarsi nelle vendite all’ultimo minuto.

Una situazione che – afferma la Coldiretti – deve essere combattuta con l’applicazione della legge 3 agosto 2004 n.204 che prevede l’obbligo di indicare in etichetta l’origine di tutti gli alimenti con l’obiettivo di valorizzare i primati qualitativi e di sicurezza della produzione nazionale.
Peraltro – continua la Coldiretti – l’etichettatura di origine e la rintracciabilità della produzione rappresenta anche un forte deterrente nei confronti dei furti che si sono intensificati quest’anno nelle campagne proprio nei giorni che precedono la Pasqua, con centinaia di animali sottratti agli allevatori.

Gli acquisti familiari di carne di agnello, pecora o capretto ammontano a circa 1,5 chili a testa all’anno e rappresentano appena il 4 per cento della domanda complessiva di carne, ma – sottolinea la Coldiretti – si concentrano nel periodo pasquale per preparare i piatti classici della tradizione al forno, arrosto con le patate, al sugo o brodettato.
I consumi di carne ovicaprina dopo aver subito un forte ridimensionamento nei primi anni del 2000 si sono stabilizzati e gli acquisti domestici sono risultati pari a oltre 28mila tonnellate per una spesa di quasi 260 milioni di euro secondo i dati Ismea Ac Nielsen.

La metà dei consumi familiari nazionali – continua la Coldiretti – è concentrata nel sud e nelle Isole, ma valori significativi si registrano anche nel Centro Italia. In Italia – conclude la Coldiretti – sono allevati oltre nove milioni di pecore e capre localizzate per quasi la metà in Sardegna, mentre sono 14 le razze di pecore iscritte al libro genealogico nazionale come la Sarda, la Gentile di Puglia e la Sopravissana.