Il nuovo decreto Bersani ha sostanzialmente liberalizzato il settore della produzione di pane modificando la legislazione in vigore dal 1956 ponendo però a serio rischio la garanzia di qualità che fino ad oggi è stata data ai consumatori: è la denuncia espressa da Confartigianato Emilia Romagna attraverso un comunicato.

La legge che il decreto Bersani ha sostanzialmente abrogato prevedeva un limite quantitativo alla produzione di pane e al numero di panifici nei singoli comuni mettendolo in relazione al potenziale bacino di utenza, inoltre prevedeva il rilascio di una autorizzazione da parte delle Camere di Commercio; le nuove norme sanciscono che per l’apertura di un nuovo panificio sia necessario presentare una dichiarazione di inizio attività al Comune corredata dalle autorizzazioni sul possesso di requisiti igienico-sanitari, urbanisti e ambientali.

“Fermo restando l’apprezzamento complessivo sul decreto Bersani – dichiara Giampaolo Palazzi, Presidente di Confartigianato Federimprese Emilia Romagna – che liberalizza l’attività di panificazione e garantisce il rispetto dei requisiti igienico sanitari per la produzione, chiediamo garanzie che tutelino produttori e consumatori. Confartigianato ritiene prioritario stabilire norme che diano la certezza della genuinità del prodotto in modo che il consumatore possa acquistare un pane frutto di metodi autenticamente artigianali che ne garantiscano il gusto e la salubrità; chiediamo inoltre che siano fissate norme che assicurino l’accesso alla panificazione di chi è in possesso dei requisiti professionali necessari; non si può infatti ignorare che la produzione del pane richieda la conoscenza di procedure che non possono essere improvvisate. Infine Confartigianato Emilia Romagna sottolinea come questa nuova normativa conceda troppo potere alla grande distribuzione senza garantire la qualità del prodotto, inoltre questo squilibrio aggraverebbe un fenomeno già in atto, ovvero la sparizione dei panifici nei centri delle città emiliano-romagnole con grave danno per la vivibilità dei suddetti centri e per l’utenza composta prevalentemente da anziani che faticano a spostarsi fino ai grandi centri commerciali”.