Una città cresciuta a dismisura: è questa la sintesi degli ultimi anni di costruzioni forsennate nella nostra città, che hanno, insieme con la ferrovia ad Alta Velocità, cambiato il volto di molti quartieri, ridisegnato il sistema viario e peggiorato la qualità della vita dei reggiani.

L’anomalia di quanto è successo è proprio in quest’ultimo aspetto: a fronte dei principali indicatori ambientali della città in costante miglioramento (vedi tabella sotto tratti dai rapporti Ecosistema Urbano di Legambiente) rispetto a qualche anno fa, dell’avvento (anche sconsiderato) delle rotonde, delle “zone 30”, delle piste ciclabili e dei nuovi modelli meno inquinanti di autoveicoli, molti reggiani ci dichiarano di stare peggio, di avere più problemi di mobilità e chi può cerca casa nella zona pedecollinare ed abbandona l’uso del mezzo pubblico, ormai appannaggio di studenti, anziani ed extracomunitari.

L’anomalia reggiana la si legge bene dai dati del Programma Pluriennale di Attuazione 2006-2010 deliberato a fine 2006, che traccia quanto è stato fatto fino ad oggi del Piano Regolatore del 1999, tuttora in vigore. Negli ultimi cinque anni siamo passati da 146.092 del 2000 a 157.388 abitanti del 2005, con un incremento di 11.296 persone, come se tutta la popolazione del comune di Quattro Castella si fosse trasferita a Reggio, con una presenza del 10,4 % di cittadini non comunitari sul totale degli abitanti. Questo fortissimo flusso di immigrati ha trovato un’abitazione nelle 6.850 case costruite negli ultimi anni che hanno portato il numero complessivo di case a 68.358 contro le 49.523 del 1981, che equivalgono ad aver costruito il 28 % circa del patrimonio edilizio negli ultimi 25 anni.

C’è poi da aggiungere che all’aumento vertiginoso delle abitazioni (il più alto tasso di sviluppo di tutta Italia degli ultimi anni) non è corrisposto un altrettanto forte aumento della qualità del costruito, con case fatte con criteri vetusti e da imprese spesso poco o nulla qualificate (la media degli addetti delle imprese edili reggiane è di 2,2 !) interessate solo a mettere un mattone sull’altro nel più breve tempo possibile. Da qui le segnalazioni di case non costruite come da capitolato, non termicamente isolate, con crepe e cedimenti vari già dopo pochi anni di vita…. , tutte cose difficili da conciliare con un tipo di imprenditoria edilizia che in taluni casi utilizza una dialettica non tipica della nostra cultura.

Si è costruito in campagna dando luogo a quell’edificazione diffusa che per tanti anni si era cercato scrupolosamente di evitare, costruendo palazzine al posto di porcilaie o case coloniche diroccate, tutte abitazioni che poi pretendono i servizi della città, ma che essendo del forense non potranno avere autobus, allacciamenti vari e servizi di raccolta dei rifiuti se non a costi molto più alti che in città, una dispersione che ha affastellato la nostra campagna di “villaggetti di pregio” del tutto fuori posto nel nostro territorio.
Il saccheggio della città è avvenuto anche la perdita dei luoghi storici o vecchi, comunque identità e patrimonio di tutti: il caso emblematico è la fontana antistante il Teatro Valli, certo non un opera d’arte ma simbolo di molti eventi della città, ottusamente cancellata dal nuovo progetto europeista della nuova piazza.

“Ma che qualcosa è cambiato – dichiara Massimo Becchi presidente di Legambiente Reggio Emilia – lo si vede anche da cose più piccole e tangibili, come le microdiscariche abusive intorno e dentro alla città, dal “lancio della borsina” per disfarsi dei rifiuti, tipico di altre realtà regionali, e dall’abbandono di autoveicoli vecchi, cosa fino ad oggi quasi sconosciuta ai reggiani, tutti fatti che sommati al disagio sociale di via Turri e vie limitrofe o di Santa Croce sta delineando una Grande Reggio, con tutti i problemi delle città di grandi dimensioni. E’ ora di cambiare velocemente rotta e di rivedere quanto impostato nel PRG del 1999 anche se ormai la” mani sulla città” hanno provocato e provocheranno molto problemi”.