Importantissima scoperta del gruppo di lavoro coordinato dal prof. Leonardo Fabbri, direttore della struttura complessa Malattie dell’Apparato Respiratorio del Policlinico di Modena, in merito alla cura dell’asma lieve: la ricerca ha dimostrato che è possibile una gestione ottimale della malattia in fase iniziale senza assumere ogni giorno la terapia di mantenimento.

E’ un nuovo approccio all’asma lieve che può migliorare significativamente la qualità della vita di un milione e 200mila italiani che soffrono di questa malattia. Fra questi, si contano anche coloro che soffrono di asma allergico, molto frequente proprio in questo periodo dell’anno.
I risultati dello studio clinico BEST (BEclomethasone plus Salbutamol Treatment), promosso dai maggiori centri pneumologici italiani e da Chiesi Farmaceutici, sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine, una tra le più pre-stigiose riviste mediche mondiali.
“Si tratta di uno studio rivoluzionario perché mette in discussione un cardine dell’impostazione terapeutica dell’asma – spiega il prof. Fabbri – La nostra ricerca infatti ha dimostrato che una semplice terapia inalatoria con la combinazione precostituita di un broncodilatatore (salbutamolo) e un cortisonico (beclometasone dipropionato), assunta alla comparsa dei sintomi, permette un controllo clinico analogo a quello offerto dalla terapia inalatoria quotidiana continuativa con cortisone più broncodilatatore al bisogno, raccomandata fino ad oggi dalle linee guida. La pubblicazione sul New England è un importante riconoscimento inter-nazionale per la ricerca clinica del nostro Paese”.


Il BEST è uno studio multicentrico (ha coinvolto 9 centri italiani e 14 europei), che ha arruolato 500 pazienti, seguiti per 6 mesi. “Abbiamo selezionato solo malati che, secondo i criteri attuali, vengono considerati asmatici lievi persistenti – spiega il professor Fabbri -. Il 60% delle persone coinvolte nella ricerca soffriva di asma allergico. Si tratta, quindi, di individui che per la gran parte del tempo stanno bene, e per i quali è molto difficile garantire l’adesione alla terapia continuativa prevista dalle at-tuali linee guida”.
L’esito della ricerca indica dunque una strategia terapeutica meno pesante ed impegnativa per il paziente interessato, un tipo di malato per il quale risulta ancora molto difficile far passare il concetto che l’asma lieve persistente è una malattia cronica.

D’altra parte, il controllo dell’asma è strettamente correlato alla qualità di vita del malato, e se la malattia non viene gestita correttamente i sintomi e le crisi sono molto più frequenti. Tra le cause della mancata adesione dei pazienti alla terapia, c’è la complessità e la frequenza del trattamento, l’impiego di più medicinali più volte al giorno, la paura di effetti collaterali anche nel lungo periodo e la scarsa fiducia nei farmaci. Un approccio che permetta invece di gestire la malattia in modo più semplice sembra la soluzione ottimale per favorire l’adesione alle terapie.