Aumentano i consumi ma ristagna la produzione locale, in attesa della nuova boccata d’ossigeno che dovrebbe arrivare col Piano regionale di sviluppo rurale 2007-2013. E’ ormai un trend consolidato quello che sembra emergere dagli ultimissimi dati sull’andamento dell’agroalimentare biologico – quello cioè che non fa uso di Ogm, insetticidi, concimi e altre sostanze chimiche di sintesi – elaborati dall’Amministrazione regionale e diffusi dall’Associazione italiana agricoltura biologica dell’Emilia-Romagna (Aiab ER).


Anche nel 2006, infatti, come ormai da quattro anni, si registra in regione una diminuzione delle aziende biologiche di produzione, che si attestano a 3.135 unità (erano 3.296 l’anno prima), solo in parte bilanciata dall’incremento delle aziende di trasformazione, preparazione e raccolta che salgono invece a 882 da 819, segno che la domanda di mercato dei prodotti bio rimane vitale.
Sostanzialmente stabile invece il numero complessivo delle aziende a Modena (+1,1%), che passano da 555 a 561. Di queste, 417 sono aziende di produzione (fattorie, allevamenti, ecc.), 143 di trasformazione (macellazione, casearie, ecc) e una di raccolta. Tra i produttori inoltre, 266 sono esclusivamente biologici, 73 sono misti, affiancano cioè alle produzioni biologiche altre convenzionali, e 78 in conversione, stanno cioè passando dai prodotti convenzionali a quelli biologici.

A gonfie vele sembrano inoltre procedere i consumi.
Secondo una recente indagine Ismea/AcNielsen l’Emilia Romagna ha visto un incremento dei consumi domestici di prodotti biologici confezionati del +9,8% nel primo trimestre 2007 sullo stesso periodo dell’anno precedente, in linea con la media nazionale.

“L’incremento dei consumi è un’ottima notizia e un traguardo per il settore del biologico. Dovrebbe però seguire un aumento delle produzioni locali e una crescente valorizzazione del prodotto italiano – commenta Fabia Montalbani, presidente di Aiab ER -. Il Piano di sviluppo rurale 2007-2013 attualmente in discussione ha tra le sue priorità proprio la valorizzazione delle produzioni biologiche di qualità e il sostegno alle aziende bio che si organizzeranno in filiere per vendere i loro prodotti. Saranno, inoltre, giustamente premiate quelle che effettuano vendita diretta e operano in filiera corta”.
“Occorre pensare anche alle garanzie per il consumatore – aggiunge Alessandro Pulga, direttore di Icea, il principale organismo di certificazione delle aziende biologiche in Italia -. Per questo proponiamo un’innovativa certificazione volontaria contraddistinta dal logo ‘Biologico di fattoria’ che intende valorizzare prodotti agroalimentari da agricoltura biologica il cui ciclo produttivo parte e si completa all’interno di un’unica azienda: la vera fattoria biologica”.

Complessivamente sono 4.017 le aziende biologiche certificate dell’Emilia Romagna: 98 in meno dell’anno prima (-2,4%). La superficie agricola coltivata a biologico supera invece gli 85mila ettari, anche questa in lieve contrazione. La provincia col maggior numero di bio-aziende, 770, seppure in calo (-3,3%) rimane Forlì-Cesena. Mentre la crescita più consistente (+6,9%) si rileva a Ferrara che ne conta 185. Il calo più sensibile invece è quello di Parma con 638 imprese (-5,6%). Per il resto: Bologna passa da 661 a 628 (-5,0%), Piacenza da 436 a 432 (-0,9%), Ravenna da 292 a 297 (+1,7%), Reggio Emilia da 398 a 386 (-3,0%), Rimini stabile a quota 120.