Nel 2006 in Italia si sono verificate 8,7 rapine ogni 100 sportelli per un totale di 2.774 eventi (+1,4% rispetto al 2005). Questi dati peggiorano ulteriormente se prendiamo in considerazione la sola regione Emilia-Romagna dove sempre nel 2006 si sono verificate 11,7 rapine ogni 100 sportelli per un totale di 399 eventi, con un preoccupante + 10,8% rispetto al 2005. Bologna con 169 rapine è la terza città italiana più rapinata, appena sotto le città di Milano e Roma, ma anche altre province come Modena 58 rapine (+ 65%) Parma 34 (+ 70%) Ravenna 38 e Rimini 27 sono costantemente nella parte alta di questa particolare classifica.

La piaga delle rapine è tipicamente italiana, basti pensare che nel nostro Paese avviene la metà di tutte le rapine commesse in Europa. Nel 2007 siamo purtroppo in continuità con questi dati (leggere differenze tra province, ma il totale è lo stesso).
È quindi evidente come gli strumenti in campo non siano sufficienti.
Le banche si preoccupano soprattutto di proteggere il denaro e considerano la rapina fenomeno esterno alla loro organizzazione e quindi imprevedibile. Sono inoltre indisponibili a fornire la loro documentazione esclusiva sulle rapine, indispensabile per un corretto monitoraggio del fenomeno.
Le banche sono “reticenti” e le Prefetture non ci aiutano: tutti i protocolli sull’argomento fino ad ora proposti non sono stati firmati dalle organizzazioni sindacali a causa delle loro inadeguatezza, in quanto non entrano nel merito delle particolarità locali, ma considerano tutte le rapine “uguali” sul territorio nazionale.
La rapina è un problema per i cassieri, per i clienti presenti in banca e diventerà, se continuerà ad essere affrontato con l’attuale superficialità, un grosso problema di ordine pubblico. Il problema è molto sentito dai lavoratori, tanto che lo scorso 17 settembre i bancari della provincia di Rimini hanno protestato con un’azione di sciopero.

Abbiamo avanzato le nostre proposte sull’argomento derivanti dall’esperienza di anni:
– alzare standard minimi con particolare attenzione agli sportelli plurirapinati;
– diverso sistema formativo che, per educare tutto il personale ad una efficace cultura della sicurezza, utilizzi prevalentemente sistemi didattici partecipativi come i corsi in aula e non corsi ondine;
– valutazione dei rischi (sportello per sportello) attraverso regole rigorose e procedure condivise, definendo diritti, responsabilità e doveri;
– studio fenomeno a livello locale, dividere gli sportelli in base al diverso livello di rischio;
– monitoraggio periodico del fenomeno (almeno annuale) in prefettura anche come strumento di controllo;
– divieto al servizio a domicilio con prelievo contante, prevedendo che la sua effettuazione venga svolta da “guardie giurate”;
– rilancio dell’iniziativa regionale per sperimentare forme avanzate di monitoraggio del fenomeno in Emilia Romagna.

Il disegno legge, di cui il primo firmatario è Giuliano Barbolini, va nella direzione giusta. La legislazione di sostegno non è più rinviabile: ci vogliono regole, corrette valutazioni rischio professionale, standard minimi efficaci e vincolanti, sistema sanzionatorio.

(Fisac, Fiba, Uilca – Cgil, Cisl e Uil Emilia Romagna)