Il 2007 bissa il 2006 come anno di primato per l’economia dell’Emilia-Romagna. L’incremento del prodotto interno lordo risulterà, infatti, per il secondo anno consecutivo superiore alla soglia del 2 per cento, confermando l’Emilia-Romagna regione leader della ripresa nazionale e, fatto ancora più importante, sui medesimi livelli di crescita dei principali competitori europei.

E’ quanto emerge dal “Rapporto sull’economia regionale del 2007 e previsioni per il 2008”, realizzato da Unioncamere e Regione Emilia-Romagna, che sarà presentato nel corso di un convegno in programma domani.

Secondo la previsione di Unioncamere, l’Emilia-Romagna dovrebbe chiudere il 2007 con un incremento reale del Prodotto interno lordo pari al 2,2 per cento, in linea con quanto previsto per il Nord-Est. In Italia è attesa una crescita più contenuta, pari all’1,8 per cento.

“E’ un’Emilia-Romagna che cresce ancora e dimostra che la ricetta giusta è investire in ricerca e innovazione”, ha sottolineato l’assessore regionale alle Attività produttive Duccio Campagnoli, nel corso della conferenza stampa che si è tenuta questa mattina a Bologna. “Ma ora occorre che cresca più innovazione anche nei settori del terziario, del commercio e dei servizi tradizionali. Colpisce che anche i redditi e le retribuzioni crescano di più nei settori dell’industria innovativa e meno nei settori del terziario tradizionale, anche a causa di un uso tre volte più grande, rispetto all’industria, dei rapporti di lavoro a tempo determinato”.

“Una leva su cui continuare ad agire per sostenere la crescita è l’export come conferma il dato dei primi nove mesi che vede un aumento del 13,4 per cento nonostante l’euro forte”, ha affermato il segretario generale di Unioncamere Ugo Girardi.

“Questo elemento dimostra come le imprese emiliano-romagnole riescano ad affrontare e penetrare i mercati esteri con prodotti ad alto valore aggiunto. Il dato di crescita dell’export è tra l’altro il più alto tra le regioni italiane che più sono dinamiche in questo ambito: indica quindi come si debba orientare l’intervento pubblico a contribuire ad allargare la platea delle imprese che esportano. E’ un’azione che deve puntare a favorire, in particolare, l’ingresso sui mercati esteri delle imprese che per ora rimangono ancora ai margini, accompagnandole e sostenendone i percorsi di internazionalizzazione con iniziative mirate”.

In ambito nazionale, l’Emilia-Romagna ha fatto registrare una crescita reale del Pil fra le più elevate. Solo il Friuli-Venezia Giulia ha evidenziato un aumento più sostenuto pari al 2,3 per cento. Con lo stesso tasso di crescita dell’Emilia-Romagna si sono collocate Valle d’Aosta, Lombardia e Veneto. La domanda interna è apparsa in recupero, grazie soprattutto all’accelerazione della spesa per consumi delle famiglie, che dovrebbe aumentare nel 2007 del 2,4 per cento, rispetto all’incremento del 2,0 per cento del 2006. Si tratta del migliore aumento percentuale del Paese, davanti a Friuli-Venezia Giulia (+2,3 per cento) e Veneto (+2,2 per cento). Un’ulteriore spinta alla domanda interna è venuta dagli investimenti fissi lordi per i quali è stato prospettato un aumento reale del 4,1 per cento, più elevato rispetto a quanto previsto nel Paese (+3,5 per cento) e nel Nord-est (+3,1 per cento), oltre che in accelerazione rispetto all’andamento del 2006 (+3,9 per cento).
L’export appare tra i più forti sostegni alla crescita. Per Unioncamere nazionale il 2007 dovrebbe chiudersi con un aumento reale consistente (+4,3 per cento), nonostante il rallentamento rispetto al forte incremento del 5,0 per cento del 2006. L’evoluzione dell’Emilia-Romagna è apparsa leggermente più contenuta in rapporto a quella del Nord-est (+4,6 per cento), ma superiore riguardo a quella nazionale (+3,6 per cento).L’Emilia-Romagna è saldamente prima come valore dell’export pro capite e della dinamica di crescita negli ultimi 10 anni.
Il valore aggiunto, che misura il contributo dato dai vari settori economici alla crescita economica, è previsto in aumento del 2,3 per cento, in lieve progresso rispetto al 2,2 per cento del 2006.
Tra i settori, è da sottolineare la conferma dei grandi risultati dell’industria meccanica con crescite a due cifre e una ripresa nell’abbigliamento e dell’industria edile, passata dalla crescita dell’1,3 per cento del 2006 all’incremento dell’1,8 per cento del 2007, mentre l’agricoltura dovrebbe invertire la tendenza negativa emersa nel 2006.

La demografia delle imprese è stata caratterizzata da un nuovo aumento della consistenza delle imprese, pari allo 0,6 per cento e da un saldo positivo, tra iscrizioni e cessazioni, comprese quelle d’ufficio, pari a 2.237 unità. In ambito nazionale l’Emilia-Romagna è risultata la quinta regione italiana in termini di diffusione delle imprese sulla popolazione, con 1.020 imprese ogni 10.000 abitanti. I settori più dinamici sono risultati pesca, costruzioni e attività immobiliari, compresi i servizi di noleggio, informatici, ricerca e sviluppo. Si è ulteriormente rafforzato il peso delle società di capitale.
L’andamento del mercato del lavoro è stato caratterizzato da uno scenario virtuoso, rappresentato dalla crescita dell’occupazione (+0,8 per cento) e dalla riduzione del tasso di disoccupazione.
Nella media dei primi due trimestri del 2007 le rilevazioni continue Istat sulle forze di lavoro hanno stimato mediamente in Emilia-Romagna circa 1.936.000 occupati, vale a dire l’1,0 per cento in più rispetto allo stesso periodo del 2006, equivalente, in termini assoluti, a circa 19.000 persone. La crescita della regione è risultata più ampia rispetto a quanto avvenuto sia nel Nord-est, che in Italia, entrambe con un incremento dello 0,5 per cento.
L’Emilia-Romagna ha registrato, nel secondo trimestre del 2007, il migliore tasso di occupazione del Paese.

Le previsioni 2008
Per quanto riguarda il 2008 le previsioni di Unioncamere nazionale redatte a fine ottobre descrivono per l’Italia una situazione espansiva, ma in rallentamento rispetto al 2007. Questo andamento, per altro comune alla maggioranza delle regioni italiane, riflette il clima d’incertezza generato dalla crisi finanziaria degli Stati Uniti d’America, innescata dall’insolvenza dei sottoscrittori dei mutui sub-prime.
Tuttavia in questo scenario, il Prodotto interno lordo dell’Emilia-Romagna dovrebbe crescere in termini reali dell’1,8 per cento, quindi in rallentamento rispetto all’incremento del 2,2 per cento del 2007 ma di nuovo superiore a quanto previsto nel Paese e nel Nord-Est dove sono attesi aumenti più contenuti, pari rispettivamente a +1,5 e +1,7 per cento, anch’essi in rallentamento rispetto al 2007.
Siamo insomma di fronte ad una situazione di primato della regione, che continua a proporsi tra le realtà maggiormente dinamiche del Paese.
Nel corso del 2008 è previsto un rallentamento della crescita della domanda interna (+1,8 per cento), mentre si attende che l’incertezza sull’andamento dell’economia globale inciderà maggiormente sugli investimenti fissi lordi, la cui crescita si dimezzerà, non andando oltre l’1,9 per cento. Il rallentamento graverà, in particolare, sul settore delle costruzioni, la cui crescita si ridurrà allo 0,4 per cento, mentre l’aumento del valore aggiunto risulterà ancora sostenuto nel settore dell’agricoltura (+3,1 per cento). L’industria crescerà del 2,3 per cento (contro il 2,5 per cento nel 2007), mentre i servizi dell’1,8 per cento (2,1 nel 2007).
Sale ancora il tasso di occupazione, dal 46,3 per cento del 2007 al 46,8 per cento. Si riduce, parallelamente, il tasso di disoccupazione che dovrebbe scendere dal 3,2 per cento del 2007 al 2,8 del 2008.
Innovazione, competitività e crescita in cifre
Regione e Unioncamere per il secondo anno consecutivo presentano, oltre al rapporto, anche un’analisi monografica che fotografa i livelli di competitività dell’Emilia-Romagna. Queste le cifre.
In regione il numero delle imprese è continuato ad aumentare, raggiungendo un totale di oltre 420 mila imprese attive, 1 ogni 10 abitanti.
Si consolida la posizione nell’export rispetto all’Italia, con una quota giunta nel 2006 al 12,8 per cento del totale, al terzo posto tra le regioni. Considerando, però, il rapporto tra esportazioni e concentrazione demografica, l’Emilia-Romagna balza al primo posto in Italia, con un valore di esportazione pro capite pari a quasi 10.000 euro.
In termini di numerosità e di peso economico, nel contesto di una sostanziale varietà delle specializzazioni, i raggruppamenti principali che delineano la maggiore forza competitiva della nostra regione sono: la meccanica, l’agroalimentare, le costruzioni con tutte le industrie manifatturiere collegate a partire dalla ceramica, alle quali si aggiungono, in ambito non manifatturiero, la filiera della logistica e quella del terziario per le imprese.
Per quanto riguarda l’occupazione, l’Emilia-Romagna presenta un tasso di attività della popolazione in età lavorativa superiore al 70 per cento e superiore alla media europea e agli obiettivi della strategia di Lisbona, con una componente femminile assolutamente anomala (61 per cento) e nettamente superiore alla media italiana. Il tasso di disoccupazione è particolarmente contenuto (circa 3 per cento) e estremamente inferiore a qualsiasi confronto europeo sulla disoccupazione di lunga durata. Da segnalare che l’attività migratoria ha assorbito il 12 per cento dell’emigrazione netta interna.
Infine, dalla ricerca emerge che in Emilia-Romagna mediamente si può fare impresa in condizioni relativamente migliori che in altre parti d’Italia. La regione è, infatti, risultata prima in Italia per il grado di libertà economica. Il dato emerge dalla classifica elaborata dal Centro “Luigi Einaudi”, che confronta le regioni sulla base di una serie di indici (economia, peso della pubblica amministrazione, finanza, infrastrutture, mercato del lavoro, società, istruzione e accesso al mercato del lavoro) e, per la seconda volta, vede, appunto, l’Emilia-Romagna al vertice. Secondo la ricerca del Centro Einaudi le criticità che emergono sono in larga parte fenomeni derivanti da eccesso quantitativo di sviluppo (rendita, traffico, inquinamento, sicurezza). In particolare, da migliorare le infrastrutture e l’efficienza dei servizi, mentre risulta elevato il grado di efficienza della pubblica amministrazione.