Un business, quello dell’acqua minerale, che vale, alla produzione, 660 milioni di euro nel Centro-Nord del paese (Toscana, Marche, Umbria ed Emilia-Romagna) dove operano 54 stabilimenti con 82 marchi per un totale di 3,169 miliardi di litri imbottigliati. I numeri di Mineracqua, l’organizzazione costituita nel 1990 che riunisce le industrie italiane che confezionano acque minerali naturali, acque di sorgente e bevande analcooliche, sono stati analizzati sul dorso del Sole24Ore Centro Nord, oggi in edicola.


Un quarto dell’industria italiana è concentrata nel cuore del paese, in particolare in Umbria dove nel 2007 sono stati imbottigliati dai 12 stabilimenti attivi 1,16 miliardi di litri e dove opera la Cogedi International con le etichette Rocchetta e Brio Blu. “L’acqua minerale naturale – avverte Carlo Pessina, amministratore delegato del sesto gruppo nazionale Norda spa che è presente in Emilia-Romagna con due stabilimenti – rimane la bevanda più diffusa in Italia: il 97 per cento delle famiglie acquista acqua minerale più o meno regolarmente. Ma oggi il mercato è ormai saturo e per crescere bisogna rubare quote ai concorrenti”. Daniele Dinelli, responsabile commerciale di Sorgenti Emiliane Modena spa, aggiunge: “I piccoli produttori cercano di lavorare localmente, ritagliandosi uno spazio commerciale in un raggio di cento chilometri dalla fonte di imbottigliamento. Viceversa i costi di trasporto diventano insostenibili in rapporto al prezzo al consumo”.

La Regione Umbria – si legge ancora sul quotidiano economico – è stata apripista in tema di diritti di concessione: per prima, con la Finanziaria del 2005 ha introdotto un canone sui volumi effettivamente prelevati, oltre alla quota fissa sugli ettari utilizzati dalle aziende di imbottigliamento. Un milione e 400mila euro di introiti per le casse regionali, nel 2007, contro i neanche 50mila delle Marche.

Da un paio di anni per l’acqua del rubinetto sembra in atto una riscossa che sta trainando anche quella nicchia di imprese che si occupa di apparecchiature di “affinaggio” dell’acqua potabile.

“Il Dlgs 31/2001 che regola i controlli sugli acquedotti – spiega Nicola Di Paola, vicepresidente di Acqua Italia e direttore commerciale di Culligan Italia – è molto stringente e assicura un’acqua di rubinetto già di per sè di buona qualità (che costa in media 0,001 euro al litro contro i 26 centesimi della minerale in bottiglia, ndr) nonostante le deroghe su diversi parametri concesse alle Regioni. La diffusione di apparecchiature di affinaggio dell’acqua potabile è più una questione di disponibilità economica, di stili di vita e rispetto ambientale.
Tra Piacenza e Terni la concentrazione di questi impianti è superiore alla media nazionale”.