Tra i settori solo la meccanica segna ancora un leggero tasso di crescita del fatturato. Tra le province le performance migliori, pur se rallentate, sono di Piacenza, Rimini e Ferrara. Frena il ritmo di crescita a Bologna, pur risultando ancora in positivo. I risultati peggiori per Forlì-Cesena, Modena e Ravenna. Improntate al pessimismo le attese per i prossimi mesi; pesano i timori di una stretta creditizia su investimenti e liquidità.

L’Emilia Romagna non cresce ma, sorpresa, neppure retrocede. Fino a giugno l’andamento congiunturale poteva dirsi all’insegna della stabilità. Infatti, nonostante la debolezza manifestata dell’economia italiana, le micro e piccole imprese dell’Emilia Romagna, nella prima parte dell’anno, hanno retto bene: ordini, produzione e fatturato, pur manifestando un rallentamento rispetto agli ultimi mesi del 2007, sono rimasti in area positiva, così come gli investimenti che, nonostante un lieve decremento a livello complessivo, restano non lontani dai livelli massimi registrati.

E’ quanto emerge dalla rilevazione sul primo semestre 2008 condotta da TrendER, l’Osservatorio congiunturale realizzato da Cna e Banche di Credito Cooperativo in collaborazione con Istat sui bilanci di 5.040 imprese da 1 a 19 addetti dell’Emilia Romagna.

Tra gennaio e giugno, è proseguito il trend di crescita del fatturato che aumenta dell’1% sullo stesso periodo del 2007; perde leggermente slancio la componente conto terzi (+ 0,3).
Tendenzialmente in calo rispetto al semestre precedente, invece, la domanda estera (-5%), mentre gli investimenti complessivi si mantengono sostanzialmente stabili, pur in presenza di una lieve frenata (-0,2%) e si coniugano con un aumento significativo degli investimenti in macchinari e impianti il cui ritmo tendenziale di crescita è estremamente elevato (+46,3%).

TrendER: i risultati settoriali e provinciali
Guardando ai Settori, l’andamento tendenziale del fatturato complessivo, evidenzia come nei primi 6 mesi dell’anno, quasi tutti i comparti sono stati interessati da un certo rallentamento. Dopo una sequenza di tre semestri di tenuta complessiva, con indicazioni anche di ripresa, il sistema moda riprende una spirale discendente; il settore alimentare conferma l’inversione di tendenza da positiva in negativa del fatturato intrapresa nella seconda metà del 2007, accusando un’intensificazione del ritmo di flessione; il settore legno e arredamento tiene a fatica le posizioni, registrando una leggera flessione.

Solo la meccanica segna ancora un leggero tasso di crescita, specie nel conto terzi, presumibilmente “beneficiato” nelle filiere di subfornitura legate ai mercati internazionali, a partire da quello tedesco. La meccanica, evidenzia anche una significativa intensificazione sul versante degli investimenti.
Nei servizi alla persona, il fatturato complessivo continua il trend di uno scivolamento al ribasso, rimanendo ormai di strettissima misura al di sopra dello “0”; i trasporti rallentano la crescita, registrando poco più di una sostanziale tenuta rispetto allo stesso periodo 2007; il settore delle riparazioni prosegue ed accentua il suo andamento negativo; il settore delle costruzioni mostra una tenuta sotto il profilo della domanda, ma prosegue la caduta verticale degli investimenti che evidenzia le forti preoccupazioni per il futuro.

Un altro segnale che le imprese stanno vivendo un momento di difficoltà maggiori è rappresentata dai dati sulle sospensioni nell’artigianato che si segnalano in crescita rispetto allo stesso periodo del 2007.
La frenata accusata dalle micro e piccole imprese è stata condivisa da tutte le Province, fatta eccezione per Reggio Emilia. Si tratta però di un’eccezione in chiave del “meno peggio”, nel senso che si moderano i termini della flessione avviatasi nel primo semestre 2007. Le performance tendenziali migliori, pur se rallentate del fatturato, sono state appannaggio di Piacenza, Rimini, Ferrara. Rallenta il ritmo di crescita anche a Bologna, pur risultando ancora in positivo, specie nella componente conto terzi. I risultati peggiori, hanno riguardato Forlì-Cesena, Modena e Ravenna.
Dall’angolatura degli investimenti, il calo tendenziale registrato in regione non è generalizzato, bensì determinato da 4 province: il rientro più marcato lo si registra a Bologna seguita da Forlì-Cesena, e poi Reggio Emilia e Ravenna.
Rispetto all’ultimo semestre 2007, la congiuntura dell’Emilia Romagna si posiziona, dunque, non ancora sulla recessione ma sulla stagnazione; pur registrando un forte rallentamento, si mantene a livelli comunque positivi, soprattutto sotto il profilo degli investimenti, sintomatico questo di un orientamento da parte degli imprenditori di “dar battaglia alla crisi”.
L’Emilia Romagna non è più un’isola felice e tuttavia, resta pur sempre la prima regione italiana: nel 2009, secondo le ultime previsioni Unioncamere, sarà l’unica a vantare una crescita del Pil, anche se minima (+0,1%).

Un Sondaggio dentro la crisi: così perdiamo ancora competitività
Su questa situazione, si è abbattuta la crisi finanziaria internazionale che come ogni crisi – sottolinea il segretario regionale della Cna, Gabriele Morelli – produce cambiamenti nei differenziali competitivi dei vari territori ed il rischio, quindi, è che ad ogni crisi l’Italia perda posizioni e ciò influisca anche sulle performance delle sue regioni più forti. Inoltre, crisi di questo tipo rischiano di pagarle a caro prezzo i sistemi di piccole imprese, più esposti e vulnerabili nel rapporto col mercato creditizio”.
Come vivono dunque le piccole imprese questa situazione?
Cna lo ha chiesto ad un campione di aziende associate, attraverso un sondaggio, effettuato dall’Istituto di Ricerche Freni nella prima metà di ottobre. Il sentiment degli imprenditori è improntato al pessimismo; si apre, dicono, un effetto domino: crollano i mercati finanziari; il sistema bancario frena sugli affidamenti; ritardano i pagamenti e per le imprese scarseggia la liquidità. Tutte le aspettative sono all’insegna della depressione e l’atteggiamento predominante può così riassumersi: economia mondiale in forte rallentamento, Europa in stagnazione, Italia in recessione, in decelerazione l’Emilia Romagna. Tutti gli indicatori previsionali sono negativi ed anche il differenziale competitivo dell’Emilia Romagna viene visto con meno fiducia rispetto al passato a causa del peso che i nodi strutturali del Paese avranno sulla possibilità di affrontare la crisi. Alla base delle perplessità espresse dagli intervistati: l’alto deficit pubblico che impedisce di trovare risorse significative da destinare allo sviluppo, e l’elevata pressione fiscale che toglie margini ai risultati aziendali e comprime gli investimenti. Secondo gli imprenditori, la minore competitività del Sistema Italia, non deriva infatti da una bassa produttività delle imprese, quanto piuttosto dall’inefficienza della P. A. e dallo squilibrio dei conti pubblici da un lato e, dal divario esistente ancora oggi tra Nord e Sud, dall’altro.
Alla domanda: quali interventi sarebbero necessari per colmare l’attuale gap competitivo, il 43% indica la riduzione del costo del lavoro, il 27,5%, la stabilizzazione dei mercati finanziari e l’accesso agevolato al credito per sostenere liquidità ed investimenti; seguono (18,1%) incentivi alla ricerca ed all’innovazione. Ma la grave crisi in atto rischia di penalizzare chi “tiene in piedi la baracca”, con effetti molto pesanti sull’economia reale nei prossimi mesi; lo pensa il 71,5% degli intervistati.

Imprenditori pessimisti: degrado delle aspettative e timori per il credito
Non molto incoraggianti anche le prospettive per il proprio settore di attività e, per la prima volta dopo anni, anche le attese per l’andamento della propria azienda esprimono una previsione di flessione. Il 22% ritiene che l’economia regionale nei prossimi 6 mesi resterà stazionaria; solo un 3,4% pensa che avrà un lieve miglioramento; il 50% un lieve rallentamento ed un 23% un deciso rallentamento. A pesare sono soprattutto i timori per l’atteggiamento delle banche che, nonostante le dichiarazioni pubbliche, non convince del tutto: sono 2 su 3 gli imprenditori che prospettano un irrigidimento di fronte alla richiesta di credito che resta, per contro, essenziale per investimenti ed internazionalizzazione, ed oggi strumento vitale per assicurare la normale gestione aziendale. Il 65,5% degli intervistati ha motivo di pensare che le banche possano assumere un atteggiamento più restrittivo, con la conseguenza di ridurre le risorse finanziarie nei confronti delle imprese. Il periodo di rilevazione ha coinciso con lo sconvolgimento dei mercati finanziari e le reazioni raccolte sono pertanto contrassegnate anche dall’impatto emotivo di una situazione che si è andata via via aggravando; 3 imprenditori su 4 prevedono ripercussioni sulla propria azienda; fra i più preoccupati gli imprenditori del settore costruzioni, finanziariamente il più esposto, e quelli del comparto manifatturiero. Una forte inquietudine è determinata dalla tendenza ad una riduzione della liquidità disponibile per l’impresa: “le banche – dicono gli intervistati – già attuano rientri forzati di finanziamenti erogati, riducono gli affidi e le dilazioni di pagamento; registriamo aumenti degli “spreed” e quindi dei tassi di interesse richiesti”. Il timore di una stretta creditizia si aggiunge ad un altro motivo di preoccupazione che rischia di aggravare la condizione di liquidità: 1 imprenditore su tre, denuncia crescenti difficoltà nella riscossione dei crediti con un allungamento dei tempi di pagamento che oggi hanno raggiunto i 180 giorni ed un aumento del numero di clienti insolventi.