La Polizia di Stato di Modena, congiuntamente ad operatori del Ministero della Giustizia, Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Nucleo Investigativo Centrale e Casa Circondariale di Modena, ha concluso nella mattinata odierna la seconda tranche della vasta operazione anticrimine condotta a carico dei componenti della consorteria di stampo camorristico denominata “Clan dei Casalesi”, infiltrati ed operanti nella provincia di Modena oramai da oltre 20 anni.

Successivamente all’esecuzione dei primi 5 provvedimenti di fermo emessi dal Pubblico Ministero presso la DDA di Bologna il 9 marzo, nelle primissime ore della mattinata odierna sono stati eseguiti altri 5 arresti, questi in esecuzione di ordinanze di custodia cautelare in carcere richieste dal Pubblico Ministero presso la DDA di Bologna ed emesse dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Bologna a carico degli altri componenti del gruppo sul quale sono state svolte le indagini ma che all’atto della conclusione della prima tranche erano già detenuti per altra causa (non era quindi possibile procedere a loro carico con provvedimenti di fermo).
I provvedimenti cautelari sono stati eseguiti dagli uffici procedenti nelle Case Circondariali di Trapani, Bologna, Como, Vercelli e Santa Maria Capuavetere.
Contestualmente all’esecuzione dei provvedimenti cautelari, gli operatori degli uffici della Polizia Penitenziaria stanno procedendo a controlli ai sensi dell’ordinamento penitenziario all’interno delle celle dei detenuti del clan, ristretti in regime di Alta Sicurezza nelle nuove strutture carcerarie.
Infatti a conclusione della prima fase delle indagini, i soggetti che nel corso delle operazioni erano già detenuti nella Casa Circondariale di Modena, sono stati immediatamente separati e tradotti in distinte strutture penitenziarie del paese.
Successivamente all’esecuzione dei primi arresti, il 9 marzo scorso, tra cui quelli a carico degli operatori della Polizia Penitenziaria in servizio a Modena, tutti i componenti e gli affiliati alla consorteria camorristica presenti nel carcere di Modena, sono stati allontanati e distribuiti su tutto il territorio nazionale per meglio conseguire il pianificato effetto “decontestualizzante”. Non a caso gli stessi sono stati inseriti in aree geografiche non confacenti con le esigenze di monitoraggio territoriale della consorteria e/o in strutture con reparti di alta sicurezza.
Le indagini svolte hanno consentito di appurare sia la versatilità del gruppo sia il fatto che i suoi componenti di vertice vantano molteplici interessi nella regione Emilia Romagna, più in generale, e nella provincia di Modena più in particolare. I capi storici del gruppo infatti (i più importanti sono in parte detenuti in parte latitanti), vantano interessi diretti in diversi settori e sono attratti prevalentemente dai contesti economici delle regioni del centro nord Italia, in particolare dell’Emilia Romagna e della provincia di Modena.
La vicinanza tra alcuni indagati e D.R. (“Rafilotto”) e S.F. (“Sandokan”), aveva già trovato conferma oltre che nell’operazione “Medusa”, anche in precedenti indagini della Squadra Mobile di Modena a carico di esponenti del “clan dei Casalesi” presenti ed operanti in provincia di Modena (operazioni “Zeus” e “Minerva”).

I vertici della consorteria camorristica, fin dagli anni ’80, sono sempre stati particolarmente interessati al volume di denaro ricavato dalla gestione delle bische e dei circoli privati nel territorio modenese lasciando di recente in mano al gruppo criminale oggetto dell’operazione “Medusa” la conduzione delle attività in argomento.
Proprio nell’ambito degli interessi vantati dai vertici del “clan dei Casalesi” nella provincia di Modena e delle attività di intelligence della Squadra Mobile che poi sarebbero confluite nell’operazione “Medusa”, già dall’anno 2006 emergeva il dato non trascurabile della presenza a Modena di un figlio del boss indiscusso del clan, F.S. detto “Sandokan” (già detenuto), che aveva preso la residenza in città in un appartamento nella zona di via Fratelli Rosselli.
Questi dopo aver risieduto a Modena per diverso tempo, si rendeva irreperibile dal 2007 allorquando operatori della Squadra Mobile di Modena lo convocavano in Questura per la notifica di un decreto di sequestro preventivo emesso a Napoli su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di quel capoluogo, nell’ambito dell’operazione “Spartacus III”.
Quell’indagine aveva consentito di individuare immobili ed attività economiche attraverso cui era stato assicurato il reinvestimento dei proventi delle attività illecite del “clan dei Casalesi”, riconducibili sia direttamente ad esponenti ed affiliati del clan che a loro familiari.
A far data dalla convocazione l’uomo si rendeva irreperibile a Modena e lasciava definitivamente il territorio emiliano.
I soggetti destinatari dei provvedimenti cautelari sono 5:

– C.P., detto “Brufolone” o “O’mpirciato”, nato a Trentola Ducenta (Ce) nel 1961.
Soggetto “affiliato” al “clan dei Casalesi”, risulta avere operato sempre nella zona dell’Agro Aversano e risulta collegato a personaggi inseriti nello specifico contesto organizzato (si vedano altresì le risultanze del casellario giudiziale e dei carichi pendenti). Nell’anno 2003, veniva tratto in arresto unitamente ad altri 20 affiliati in quanto destinatario di ordinanza cautelare emessa dall’Ufficio del G.I.P. presso il Tribunale di Napoli, per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione ed usura.
Inserito a pieno titolo nell’organizzazione criminale del “Clan dei Casalesi”, come testimoniato dalle diverse ordinanze di custodia cautelare notificategli a partire dalla fine degli anni ‘90, già sottoposto alla sorveglianza speciale della P.S., nel mese di gennaio del 2005 era vittima di un agguato di camorra nel corso del quale riusciva a salvarsi la vita, nonostante i numerosi colpi d’arma da fuoco esplosi contro la sua persona chiaramente per cagionarne la morte.
A suo carico risulta: nel marzo del 2000 ordinanza di custodia cautelare per i reati di estorsione ed associazione di stampo mafioso.; obbligo di soggiorno dal novembre 2000 al luglio 2002; nel gennaio 2003 ordinanza di custodia cautelare per estorsione; nel luglio del 2005 sottoposto a fermo di p.g. per i reati di rapina, estorsione, lesioni e reati in materia di armi (fermo poi convertito in ordinanza di custodia cautelare per i medesimi reati); nel dicembre 2005 ordinanza di custodia cautelare per i delitti di ricettazione ed associazione di stampo mafioso; nel mese di giugno 2008 destinatario di ordine di carcerazione per la violazione dei delitti di ricettazione, estorsione, furto, associazione mafiosa e della fattispecie prevista dall’art. 12 quinquies D.L. 306/1992 (fattispecie che prevede l’attribuire fittiziamente ad altri a titolarità o disponibilità di denaro, beni od altre utilità al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali o di agevolare la commissione dei delitti di ricettazione, riciclaggio e reimpiego); nel giugno 2008 destinatario di ordine di carcerazione per i delitti di minaccia, somministrazione di alimenti pericolosi ed associazione mafiosa;
– N.N., detto “Nik Nak”, nato a Napoli nel 1966.

Personaggio affiliato al “clan dei Casalesi”, risulta presente sul territorio modenese già dagli inizi degli anni 90. Nel maggio del 1991, nell’ambito di alcuni contrasti in seno al “clan dei Casalesi” (in particolare tra il gruppo Iovine-Schiavone ed il gruppo De Falco), nel tentativo di eliminare M.V., nato a San Cipriano D’Aversa (Ce) nel 1966, N.N. fece parte del commando composto anche da altri affiliati che ingaggiò in Modena, via Benedetto Marcello, un violento conflitto a fuoco che culminò poi con il ferimento e successivo arresto di M.V e B.F.
Tale vicenda confluiva nel procedimento penale 4502/2000 della DDA di Bologna relativo all’operazione “ZEUS” (condotto e concluso dalla Squadra Mobile di Modena) e, nel gennaio 2003, consentiva al Tribunale di Modena di condannare numerosi esponenti del “clan dei Casalesi” per il reato di estorsione aggravata dalla partecipazione ad associazione di stampo camorristico, tra cui lo stesso Nappa alla pena di anni 7 di reclusione.
Nell’aprile del 2006, inoltre, unitamente ad altri soggetti veniva raggiunto dal decreto di fermo del Pubblico Ministero della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli per i reati di estorsione tentata e consumata nonché per detenzione e porto di armi in luogo pubblico.
E’ attualmente considerato uomo di fiducia per la provincia di Modena del boss D.R. detto “Rafilotto”.
A suo carico risulta: negli anni 1993 e 1997 veniva sottoposto alla misura della Sorveglianza Speciale di Pubblica Sicurezza; nel dicembre del 1998 veniva indagato per i delitti di estorsione ed associazione mafiosa; nel 2001 veniva sottoposto nuovamente alla misura della Sorveglianza Speciale; nell’ottobre 2005 veniva arrestato poiché destinatario di provvedimento di carcerazione per il delitto di estorsione; nel giugno 2008 veniva colpito da ordine di carcerazione per i delitti di porto di arma ed estorsione;
– N.A., detto “Appicciastocchia”, nato a Casal di Principe (Ce) nel 1975: personaggio affiliato al “clan dei Casalesi”, risulta avere operato, in particolare, nella zona dell’Agro Aversano.
A suo carico risulta: nel maggio 2007 sottoposto a fermo della DDA di Bologna con altri coindagati per il delitto di tentato omicidio aggravato dalla partecipazione ad associazione di stampo camorristico; nel mese di ottobre 2005 veniva tratto in arresto in esecuzione di ordinanza di custodia cautelare emessa dal Tribunale di Santa Maria Capuavetere per i delitti di rapina, estorsione ed associazione per delinquere; nel gennaio 2002 veniva arrestato in esecuzione di ordinanza di custodia cautelare per i delitti di concorso in minacce ed accensioni ed esplosioni pericolose; nel mese di aprile 2007 veniva scarcerato e sottoposto dall’Autorità Giudiziaria di Santa Maria Capuavetere al divieto di dimora nelle province di Napoli e Caserta;
– N.V., nato in Inghilterra nel 1967: affiliato al “clan dei Casalesi”, risulta avere operato sempre nella zona dell’Agro Aversano e solamente negli ultimi anni si spostava nel territorio modenese.
A suo carico risulta: nell’aprile del 2008 veniva sottoposto a fermo del Pubblico Ministero della DDA di Bologna perché collegato ai fatti relativi al tentato omicidio dell’imprenditore edile per il quale era già stato sottoposto a fermo di p.g. il fratello N.V.; nell’anno 2003 veniva indagato per gioco d’azzardo più circostanze aggravanti;
– P.G., detto “Pettulone”, nato a San Cipriano d’Aversa (Ce) nel 1968: affiliato al “clan dei casalesi”, risulta presente nel territorio modenese già dagli inizi degli anni 90.
A suo carico risulta: nell’aprile 2006 veniva sottoposto fermo del Pubblico Ministero della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli per i reati di estorsione tentata e consumata nonché per detenzione e porto di armi in luogo pubblico ed è attualmente detenuto per quella causa.
Per l’emisione dell’ordinanza di custodia cautelare incarcere a tutti i 5 soggetti sono stati contestati i reati di concorso in corruzione aggravata dalla partecipazione ad associazione di stampo camorristico. Agli stessi sono poi stati contestati anche altri reati, funzionali all’esigenza dell’organizzazione.

La reiterazione delle precedenti 5 ordinanze di custodia cautelare.
Nell’ambito della medesima attività il Gip di Bologna ha rinnovato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere per i 5 destinatari dei provvedimenti di fermo e poi restrittivi, emessi dal Gip di Modena il 12 marzo in sede di udienza di convalida, in quanto a seguito della configurazione dell’art 7 (i reati contestati sono aggravati dalla partecipazione ad associazione di stampo camorristico), la competenza è passata al Gip Distrettuale presso il Tribunale di Bologna.
Le ordinanze di custodia cautelare sono state notificate presso le Case Circondariali di Agrigento, Siracusa, Catanzaro, Vibo Valentia e Vigevano.

Contestualmente ai provvedimenti cautelari, sono stati eseguiti anche due decreti di sequestro preventivo emessi dal Giudice per le Indagini Preliminari su richiesta del P.M. distrettuale, per i due circoli privati già sequestrati (solo penalmente) durante le esecuzioni dei provvedimenti di fermo in data 9 marzo 2009.
Il Gip distrettuale ha valutato che la libera disponibilità dei locali potrebbe consentire la prosecuzione dell’attività illecita di giuoco d’azzardo. A tale riguardo il Gip ha evidenziato la durata dell’attività illecita svolta nei due distinti circoli e locali ed il collegamento dei gestori (i quali, nel presente procedimento, sono i soggetti indagati a piede libero) con il gruppo legato alla criminalità organizzata, che potrebbe lucrare ulteriori guadagni ed introiti.
Ha anche ritenuto il Gip che i locali o, meglio, la loro gestione, risulta utilizzata dagli appartenenti al sodalizio criminale come “merce di scambio” di favori indebitamente ottenuti in ausilio dell’associazione, a riprova della pericolosità.