Tanta musica ma anche spazio dedicato al ricordo e ai momenti di vita vissuta del mito scomparso 40 anni fa. È questo il tributo che, a FestaReggio, nell’arena spettacoli i Gipsy Experience hanno dedicato a Jimi Hendrix, uno dei più grandi chitarristi della storia della musica e uno dei maggiori innovatori nell’ambito della chitarra elettrica. Che Jimi Hendrix sia ancora un fenomeno attuale è fuori discussione: lo dimostrano i tanti fan accorsi ieri sera a FestaReggio e l’ardore con cui ancora, a distanza di tanti anni dalla sua scomparsa, cantano e ballano i più grandi successi di un artista che ha lasciato un segno indelebile nella storia musicale.

I Gipsy, più che un tributo amano definire il proprio lavoro come un omaggio a Hendrix. Sul palco trasmettono tutta la loro passione, non solo artistica ma anche umana nei confronti del più grande chitarrista elettrico. L’intenzione della band è quella di ricreare, durante le due ore di show, l’emozione di una delle più emozionanti pagine del rock live della storia della musica. Rock & Roll, Blues, assoli incendiari, improvvisazioni psichedeliche e tanta, tanta anima. Durante lo spettacolo scenografie, suoni e accordatura degli strumenti contribuiscono a rievocare l’atmosfera di quegli anni 60/70, quando la musica e i festival erano la voce del fermento giovanile.

Sul palco con la band c’è anche Stephanie, cantante blues e pittrice che attraverso una performance di live painting da vita a un ritratto gigante del grande Jimi. Il concerto di FestaReggio si apre con i primi successi dell’idolo americano per poi proseguire con una parte centrale più “suonata”e un suggestivo finale blues. Durante la sua parabola artistica, tanto breve quanto intensa, Hendrix si è reso precursore di molte strutture musicali costruendo un sound che ancora oggi risulta essere tra le fondamenta della casa del rock mondiale. Lo stile di Hendrix fece subito scalpore tra gli anni ‘60 e gli anni ‘70 in cui calcò le scene: il suo aspetto selvaggio e la sua furiosa attitudine chitarristica divennero proverbiali fino al punto di farlo diventare una vera e propria icona. Il progetto Gipsy Experience nasce nel 2009 da una idea di quattro musicisti appassionati e innamorati di Hendrix che proprio in occasione del quarantesimo anniversario dallo storico concerto del chitarrista di Seattle al festival di Woodstock decidono di mettere assieme il tributo al grande Jimi.

Il suolo: una risorsa dimenticata e minacciata

Si parla spesso di risorse limitate, pensando al carbone, al petrolio o ad altre fonti di energia; difficilmente si ricorda che altrettanto limitato e non rinnovabile è il suolo, che negli ultimi decenni ha subito più modifiche per mano d’uomo di quante non ne abbia conosciute in tutta la storia della Terra. Proprio questa risorsa in pericolo è stata al centro del documentario «Il suolo minacciato», ideato e diretto da Nicola Dall’Olio, proiettato ieri sera a Festa Reggio nella «Tenda del mondo».

«Mi ha colpito la frase di Alcide Cervi “Dopo un raccolto ne viene sempre un altro”, mi ricorda uno degli intervistati che, con saggezza tutta contadina, diceva che ogni anno questa terra dà i suoi frutti al solo spargere dei semi – ha detto Dall’Olio –. Proprio questa certezza, tuttavia, rischia di saltare, grazie alla continua espansione del cemento in territori prima dominati dall’agricoltura. Un territorio non si deve vergognare della propria storia contadina, parte fondamentale della sua identità: perderla, in favore di nuove costruzioni, significa smarrire valori estetici e culturali, oltre che mettere a rischio in maniera importante una parte dell’economia e del mondo del lavoro. Le stesse produzioni di eccellenza, come il Parmigiano Reggiano tipico di questa terra, hanno bisogno del loro territorio e delle risorse che può dare, per cui non può essere stravolto».

Dall’Olio ha cercato di raccontare anche questo nel suo documentario, prodotto da Legambiente e dal WWF di Parma (col supporto di Forum Solidarietà) alternando testimonianze di volti riconosciuti (il climatologo Luca Mercalli e Carlo Petrini, “inventore” di SlowFood), esperti in sociologia e urbanistica nonché di operatori agricoli del Parmense. La cementificazione in Italia ha coperto fino ad ora un’area grande quanto l’Emilia Romagna e nemmeno questa terra, tra le più fertili e produttive, ne è immune: vedendo le immagini piene di scheletri di cemento, capannoni e strutture mai completate (una sorta di “galleria del brutto” che, nel video, diventa protagonista di una rivisitazione tagliente e amara degli «Intervalli» televisivi), diventa difficile riconoscere in quei terreni la “Food Valley”, punta di diamante dei sapori autentici e dell’industria alimentare, simile piuttosto a una “Gru Valley”. «La cosa più triste – ha sottolineato ancora Dall’Olio – è che la gente si sta quasi abituando alle brutture e considera inevitabile la progressiva distruzione del suolo, senza pensare a ciò che in questo modo si perde: l’idea del documentario è venuta proprio da lì».

Il contenuto del filmato ha prodotto riflessioni emerse in un dibattito, moderato da Margherita Bergomi (membro della Direzione provinciale Pd). «Anche nella nostra provincia il suolo ha subito trasformazioni notevoli – ha ammesso Roberta Rivi, assessore provinciale all’agricoltura – si pensi che in alcuni comuni del Reggiano la superficie coperta dal cemento negli ultimi decenni è aumentata del 300%, senza che per fortuna ci sia stato un aumento della popolazione di pari livello. Certamente gli interessi della speculazione sono fortissimi e non aiuta il fatto che, secondo troppe persone, l’edilizia sia il volano dell’economia. Resta il fatto che siamo arrivati a un punto di non ritorno, occorre davvero cambiare la cultura del nostro paese».

In provincia si è cercato di dare alcuni segnali importanti: «Nel nostro Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale, per esempio – ha continuato l’assessore – abbiamo deciso che i territori urbanizzati non potranno crescere più del 3% o del 5% a seconda della zona, così come abbiamo scelto di limitare l’uso dei terreni agricoli per installare pannelli fotovoltaici. Occorre comunque spezzare per legge il circolo vizioso, per cui gli enti locali sono spinti a recuperare denaro attraverso l’urbanizzazione, leggendo il territorio in base al bilancio e non in base al benessere di chi vi abita».

«Riconosciamo alla Provincia gli sforzi fatti fin qui, ma per noi non sono sufficienti – ha precisato Davide Valeriani di Legambiente –. È sufficiente ricordare che a Reggio ci sono 7mila appartamenti vuoti, come sono deserti vari capannoni e non ha alcun senso costruirne di nuovi. Nel documentario di Dall’Olio è citato l’esempio di Cassinetta di Lugagnano, comune del Milanese in cui la giunta ha deciso di non permettere più l’urbanizzazione di nuovi territori ma solo il recupero di quelli già urbanizzati e ora in disuso, rinunciando a copiose entrate e rimediando tagliando sprechi e rimodulando altre spese: questa è la traccia che, secondo noi, va seguita. Occorre che a chiederlo ai nostri amministratori siano gli stessi cittadini e che lo facciano in fretta: non si può sperare che i rimedi vengano dalle nuove generazioni, occorre mettersi in gioco già ora».

Prodotti tipici ambasciatori nel mondo

“Le mele Melinda sono buone perché sono prodotte in Val di Non”. Ovvio. Ma non del tutto. Luca Granata, il dirigente del consorzio Melinda, quando apre il dibattito “Prodotti tipici: ambasciatori nel mondo” ha in mente un binomio preciso, quello fra prodotti e territorio. Ha in mente una storia, quella del suo Consorzio che raccoglie oltre 4000 contadini. E ha in mente la sua Val di Non, che come dice lo slogan: “di Val di non ce n’è una sola” e quindi, il ragionamento prosegue affermando che anche di mele Melinda ce n’è una sola. A FestaReggio per fare il punto sulla capacità di immaginare un marketing che tenga assieme promozione del territorio e prodotti agricoli si sono incontrati Franco Bonanini, presidente del Parco Nazionale delle Cinque Terre, Fausto Giovanelli, presidente del parco dell’Appennino Tosco-Emiliano, Luca Granata, direttore generale del Consorzio Melinda, Nicodemo Oliverio della commissione Agricoltura della Camera, Giampaolo Pioli, presidente dell’associazione nazionale Città del Vino e Paolo Petrini, assessore all’Agricoltura della Regione Marche. L’incontro è stato moderato dal giornalista della Gazzetta di Reggio, Roberto Fontanili.

Uno dei migliori biglietti da visita per il nostro paese è il vino. Giampaolo Pioli, dell’associazione “Città del vino” dice che “L’Italia è un Paese dove ogni porzione può avere un territorio vinicolo e che il vino è un ambasciatore dell’Italia nel mondo perché non solo viene esportato, ma “importa” turisti dall’estero”. Il ruolo della politica in questo sistema di promozione risulta fondamentale. “Le Marche sono una delle cinque regioni migliori dove passare la vita dopo il lavoro– sottolinea l’assessore Petrini – quindi la politica dovrebbe rafforzare l’entità culturale del territorio. Fausto Giovanelli, ha citato una stima del ministero dell’Agricoltura secondo la quale il parco Nazionale dell’ Appennino Tosco – Emiliano è quello con “più marchi in Italia”. “Sono ormai dieci anni – ha spiegato Giovanelli – che la produzione di prodotti tipici in Italia non cresce”. Le cause di questo stop secondo Bonanini sono da rintracciare nella crisi che “ha falcidiato molte industrie. E l’azienda più grande d’Italia non è la Fiat, ma l’insieme delle microindustrie”. Secondo il presidente del Parco Nazionale delle Cinque terre, “Il turista/consumatore vuole vedere il produttore, vuole conoscere la sua cantina e non si accontenta solo del prodotto finito”. Il prodotto tipico deve essere di qualità e questa ha bisogno di essere raccontata.

Oliverio sottolinea che “nonostante la crisi l’Italia rimane ai primi posti mondiali per la capacità di esportazione dei prodotti tipici”.