Per il giorno di San Valentino i Musei Civici propongono ai visitatori un percorso “sentimentale” fra opere legate al tema dell’amore, da godersi nei giorni precedenti e successivi.

Al Museo del Risorgimento in particolare segnaliamo la piccola statuetta in terracotta L’addio dello studente bersagliere del forlivese Fortunato Zampanelli (1828-1909) che rappresenta il triste momento della separazione tra due giovani, il giorno della partenza del ragazzo come volontario per le campagne per l’Indipendenza italiana: la ragazza è in lacrime e il bersagliere, vestito di tutto punto con armi e cappello piumato sul capo in procinto di partire, la stringe a sé per consolarla. Lo stesso Zampanelli partì volontario partecipando alle principali campagne di guerra per l’Indipendenza italiana; non è escluso pertanto che abbia voluto rappresentare nella piccola terracotta qualche compagno o addirittura se stesso.

Sempre al Museo del Risorgimento si segnala la coppia di quadretti, raffiguranti rispettivamente il giovane Pietro Inviti, in uniforme del Battaglione Alto Reno, e la sua fidanzata Giulietta Manganelli: la ragazza morì prima del matrimonio e Pietro Inviti non si sposò mai. Divenuto ormai vecchio, poco prima di morire lasciò i due quadretti al suo amico Alberto Dallolio (come lui noto uomo politico bolognese, che fu tra l’altro Sindaco della città e senatore) pregandolo di tenerli sempre uno accanto all’altro.

A sua volta Dallolio ne fece dono al Museo del Risorgimento, ma nel corso di vari disallestimenti i quadretti finirono nei depositi e si perse il nesso che li legava; soltanto in anni recenti, nel corso della catalogazione di tutto il materiale, sono stati ricollegati l’uno all’altro ed infine ricollocati insieme nella vetrina nove.

Sempre all’amore, ma melanconico e struggente, rimanda il volume, esposto nella sala 5 del Museo della Musica, Armonice Musices Odecathon, primo libro musicale stampato nel 1501 da Ottaviano Petrucci, oggi tra i più importanti della collezione libraria del museo: il volume è aperto sull’incipit dell’Adieu mes amours di Josquin Des Prez (c. 1450-1521).

Alle infedeltà amorose rimanda invece, nella sala 2, l’opera di Padre Martini Cinquantadue Canoni a due, tre e quattro voci che è aperto sulla pagina del canone intitolato Le corna o il divorzio.

«Quando la bacio e le sue labbra sono aperte, sono ebbro, anche senza birra»: queste le parole di una lirica amorosa egiziana risalente al Nuovo Regno (1539-1075 a.C.).

Pochi sanno che in questa fase storica della civiltà egiziana, resa famosa da sovrani quali Hatscepsut e Thutmosis III, Akhenaton e Tutankhamon, nasce il genere letterario della poesia d’ispirazione amorosa: le poesie parlano di un amore sentimentale e fisico che viene cantato o recitato conaccompagnamento musicale.

Il cuore insomma è l’interlocutore privilegiato di questi dialoghi tra innamorati; ma come raffiguravano il cuore gli antichi Egizi? Per scoprirne le forme e l’aspetto, molto diverso rispetto alle nostre stilizzazioni moderne, vi aspettano vari esemplari di amuleti nella Sezione egizia del Museo Archeologico.

L’amore per i propri cari è invece rappresentato, sempre nella Sezione egizia del Museo Archeologico, dal Gruppo statuario di Mainekhet e famiglia, proveniente da Tebe e databile alla prima metà della XVIII dinastia (1539-1292 a.C.): un abbraccio di affettuosa tenerezza familiare riunisce infatti lo “scultore di Amon” Mainekhet alla moglie e ai tre figli, mentre un quarto figlio è solo nominato nel testo inciso in caratteri geroglifici sulla stele dalla sommità arrotondata.

Al Museo Civico Medievale si segnala invece il grande boccale in ceramica di manifattura faentina del 1499, appartenente al genere del cosiddetto “vasellame amatorio”: sulla superficie è infatti raffigurato il busto di una donna col petto trafitto da un pugnale… una ferita d’amore, come indica la scritta “amore” a fianco della donna.

L’amore nella mitologia greca è invece al centro dei due dipinti del Museo Davia Bargellini, entrambi di Marcantonio Franceschini (1648-1729) ed entrambi collocati nella sala 6: in Amore vincitore, Eros, raffigurato ritto, nudo e ben fornito delle sue frecce, punta l’arco con decisione, volgendosi con sorriso accattivante verso l’osservatore, nella rappresentazione del motivo virgiliano “Omnia vincit Amor”. Ai suoi piedi stanno infatti numerosi oggetti (libri, corona, strumenti musicali, armi e monete) a simboleggiare appunto la supremazia dell’amore sulle arti, la musica, la cultura, il sapere, la guerra e la ricchezza.

In Venere e Amore invece la dea è raffigurata nell’atto di sottrarre l’arco a Cupido, che tuttavia non desiste dal tentativo di “pungerla”delicatamente con la sua freccia.

Le Collezioni Comunali infine segnalano i due dipinti Bacco e Arianna di Giulio Carpioni (visitabile anche con visita guidata di Mirella Cavalli domenica 13 febbraio, ore 10.30) e Venere e Amore di Pelagio Palagi.

Info www.comune.bologna.it/cultura