I tanti convegni, seminari e tavole rotonde che si susseguono senza soluzione di continuità dopo la ripresa estiva fotografano, non senza preoccupazione e segnali d’allarme, la mutata realtà socio-economica italiana. Tutti i protagonisti, anche se da angolature e sensibilità diverse, sembrano giungere alle medesime conclusioni: i bisogni della gente aumentano, mentre le risorse necessarie per avviare le risposte calano drammaticamente. E’ lo stesso grido d’allarme che il Sindaco Delrio ha recentemente lanciato nel corso degli “Stati generali” del welfare reggiano. I convenuti all’importante assise si sono resi conto, dati, grafici e tabelle alla mano, che l’attuale Welfare emiliano e quello reggiano in particolare, non sono più economicamente sostenibili e chiama tutti i soggetti attivi e consapevoli della società a individuare e praticare un nuovo “Patto sociale”, compatibile con le risorse date e più rispondente ai nuovi bisogni della società.

I dati parlano da soli: a fronte dell’aumento della popolazione anziana, della percentuale degli immigrati, dei bambini in età scolare e prescolare, dei lavoratori precari, disoccupati o in cassa integrazione, della crescita, stando agli ultimi dati forniti dalla Caritas nazionale, pari all’80% delle richieste di un qualsiasi tipo d’aiuto, si registra un calo verticale delle risorse, nazionali, regionali e comunali, per la non autosufficienza, i disagio sociale e l’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate.

La crisi economica, che tutti ormai definiscono sistemica, ha assunto i caratteri di emergenza sociale, con tutte le implicazioni di tenuta e coesione sociale che essa comporta. La complessità della situazione, l’urgenza delle scelte, la velocità del cambiamento, l’invecchiamento di una società sempre più multietnica, la percezione giovanile di un futuro incerto e precario, l’impossibilità di tante famiglie di arrivare alla fine del mese, obbligano ciascuno di noi ad aggiornare, innovare e reinventare un nuovo patto di convivenza, supportato da un quadro legislativo e normativo che faciliti e non ostacoli con mille vincoli burocratici, la realizzazione delle iniziative imprenditoriali e solidaristiche espresse dalle forze sociali del territorio.

Oggi si parla con sempre più insistenza di Welfare di comunità, di Welfare aziendale, di Welfare consapevole ecc., tutte espressioni ragionate e creative per dire che il pubblico non è più in grado d’assicurare i servizi alla persona come è accaduto fino ad oggi, che i nuovi bisogni, le richieste d’aiuto e i soggetti richiedenti scardinano dalle fondamenta le impostazioni tradizionali per quantità e per varietà dei servizi richiesti. La pubblica amministrazione, le imprese private, le cooperative sociali, le associazioni di promozione sociale, il volontariato, le Fondazioni, il mondo del credito, la comunità nel suo insieme sono i soggetti chiamati a rispondere in prima persona della tenuta economico-sociale della società in cui operano. Il fare insieme spezza gli angusti ambiti ideologici del passato per farsi ragione e strumento di tenuta e di cambiamento.

La sussidiarietà non è più solo una espressione culturale, ma diventa necessità e condizione per la realizzazione di progetti e l’erogazione dei servizi. Per tutto questo servono alcune condizioni base di partenza.

Prima di tutto è indispensabile avere un quadro legislativo e normativo nazionale e regionale capace di incentivare l’iniziativa sociale e non d’ostacolarla con un eccesso di anacronistica burocrazia. In secondo luogo l’impegno e la missione delle cooperative sociali non possono essere tarpate dalle crescenti difficoltà d’accedere al credito, soprattutto quando questo è sostenuto da progetti seri, finalizzati a risolvere problemi socialmente rilevanti, economicamente significativi e moralmente qualificanti.

La tenuta occupazionale del mondo cooperativo, la qualità dei servizi da questo erogati, la capacità di fare sistema al suo interno e la propensione a estenderla ad altri soggetti economici, la conoscenza del territorio e dei bisogni della sua gente, fanno della cooperazione uno degli interlocutori principali delle Pubbliche amministrazioni e un sicuro punto di riferimento per l’insieme della società reggiana.

Per queste ragioni occorre insistere per fare della cooperazione, al di là delle storiche appartenenze (Legacoop, Confcooperative, Agci), un unico soggetto in grado di dialogare con tutti, a partire dal variegato e ampio mondo del volontariato e dell’associazionismo. Le idee non mancano e i tavoli di approfondimento sollecitati dal sindaco di Reggio Emilia vedranno le cooperative sociali protagoniste e portatrici di progetti concreti volti al servizio, alla cura e all’educazione delle fasce più deboli della popolazione.