Ricercatori dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, in collaborazione con colleghi delle Università di Genova, Milano e Parma sono risaliti alla individuazione di un gene ANGPTL3 la cui mutazione blocca la produzione di una proteina “angiopoietin like protein 3” la cui funzione normale è quella di rallentare lo smaltimento del colesterolo-LDL dal sangue. In futuro farmaci capaci di bloccare il gene ANGPTL3 potrebbero essere in grado di ridurre in modo efficace i livelli di colesterolo nel san-gue e proteggere le arterie dai suoi effetti dannosi. Lo studio finanziato dalla Regione Emilia Romagna – Azienda Policlinico di Modena nell’ambito del progetto DiALER (Diagnostica Avanzata in Lipidologia, Emilia Romagna) è pubblicato sulla rivista Circulation: Cardiovascular Genetics.

Un importante contributo alla comprensione dei meccanismi che regolano i livelli di colesterolo nel sangue emerge da uno studio di alcuni ricercatori del Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, condotto in collaborazione con ricercatori delle Università di Genova, Milano e Parma. La ricerca è stata svolta nel Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Ateneo modenese ed è stata finanziata dalla Regione Emilia Romagna – Azienda Policlinico di Modena, nel quadro del progetto DiALER (Diagnostica Avanzata in Lipidologia, Emilia Romagna), che rientra nel Programma di Ricerca Rgione – Università 2007-2009, e che vede il LABGEN modenese partecipare a un gruppo di lavoro guidato dall’Università degli Studi di Parma e in particolare dalla prof.ssa Ivana Za-varoni, e composta anche da ricercatori di Bologna e Ferrara.

“Il progetto DiALER – spiega il dottor Maurizio Miselli, direttore sanitario dell’Azienda Ospedaliero – Universitaria di Modena – vede il Policlinico e l’Ateneo modenesi impegnati assieme ad altre importanti realtà re-gionali in studi genetici che vogliono identificare le <basi genetiche> che rendono alcuni individui più <protetti> dagli eventi cardiovascolari (infarto, ictus etc.) in quanto i livelli del colesterolo-LDL nel loro sangue sono molto ridotti. Si tratta di un tema importante che apre scenari nuovi nella medicina e che conferma la volontà del sistema sanitario regionale di investire nella ricerca di terapie che ci auguriamo tutti siano sempre più mirate e meno invasive”.

Questi studi sul colesterolo in futuro potranno permettere la produzione di farmaci mirati che sono la nuova frontiera della medicina del futuro. Questa specifica sezione del progetto, ha visto il LABGEN dell’Ateneo Modenese in prima fila nella ricerca genetica che ha condotto alla identificazione del possibile ruolo funzionale della proteina angiopoietin like protein 3. Il LABGEN lavora in stretto contatto con le strutture assistenziali del Policlinico.

Fondamentale in questo studio è stato quindi l’apporto alla ricerca dato dai gruppi modenesi diretti dal prof. Sebastiano Calandra Buonaura e dalla prof. ssa Patrizia Tarugi, operanti nella sezione di Patologia Generale del Dipartimento di Scienze Biomediche. “E’ noto – spiega il prof. Sebastiano Calandra Buonaura, Direttore del Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia – che livelli elevati di colesterolo nel sangue (il colesterolo-LDL, conosciuto anche come colesterolo “cattivo”) è uno dei principali fattori di rischio per le malattie cardiovascolari su base aterosclerotica, come ad esempio l’infarto del cuore. E’ altresì noto che vi sono individui nella popolazione che hanno livelli di colesterolo-LDL molto bassi e, per tale ragione, risultano <protetti> nei confronti delle malattie cardiovascolari. Questi bassi livelli sono generalmente ascritti a qualche <fattore genetico favorevole> fino ad ora di natura spesso imprecisata”.

I ricercatori coinvolti nello studio hanno identificato tre famiglie nelle quali alcuni individui, in perfetta buona salute, avevano livelli di colesterolo-LDL ridotti del 50-70% rispetto ai valori riscontrati in individui della nostra popolazione, comparabili per sesso ed età. Dopo avere esaminato una serie di possibili geni <candidati>, i ricercatori hanno identificato il gene coinvolto in questa singolare condizione. Si tratta di un gene denominato ANGPTL3 che determina la produzione nel fegato di una proteina (angiopietin-like protein 3) che è presente nel sangue. Nelle tre famiglie reclutate per lo studio, il gene ANGPTL3 è <mutato> con perdita di funzione e, pertanto, non è capace di produrre la proteina “angiopoietin-like protein 3”.

“La funzione di questa proteina – precisa la prof. ssa Patrizia Tarugi – ordinario di Patologia Generale, presso il Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Ateneo modenese – non è completamente chiarita, tuttavia sembra che agisca rallentando lo smaltimento del colesterolo-LDL dal sangue, favorendone l’accumulo. Se questa proteina non è prodotta dal fegato perché il gene ANGPTL3 è mutato, il colesterolo- LDL può essere più facilmente rimosso dalla circolazione e quindi il suo livello si riduce in modo consistente con evidente beneficio per la integrità delle arterie”. Questa osservazione è importante per due ragioni: definisce il ruolo di un nuovo gene che controlla i livelli di colesterolo-LDL nel sangue; prospetta un possibile bersaglio terapeutico.

Infatti, secondo i ricercatori modenesi si può ipotizzare che farmaci capaci di bloccare il gene ANGPTL3 (riproducendo quanto osservato nelle famiglie con la mutazione di questo gene) siano in grado di ridurre in modo efficace i livelli di colesterolo- LDL nel sangue e, quindi, proteggere le arterie dai suoi effetti dannosi.

Vasto l’interesse suscitato da queste osservazioni tra la comunità scientifica che ha accolto la scoperta dedicando un articolo allo studio pubblicato sulla prestigiosa rivista Circulation: Cardiovascular Genetics.