Nel corso del 2013, per volontà del Governo Monti, cambierà nome il tributo per la gestione dei rifiuti e assimilati: da Tarsu si trasformerà in Tares, ma il risultato sarà ancora peggiore, in quanto rappresenterà l’ennesima stangata dopo l’Imu, a carico dei contribuenti.

Nel 2012 la Tarsu aveva un costo medio, a livello nazionale, di 225 euro annuali; un costo che negli ultimi cinque anni aveva già fatto registrare un incremento del 14,3 per cento.

Nel 2013, l’introduzione della Tares comporterà per le famiglie un aggravio di ulteriori 80 euro che si aggiungerà a quello previsto per il pagamento dell’Imu sulla prima casa.

Anche le imprese sono fortemente preoccupate per l’introduzione di questo nuovo tributo in quanto l’adozione del regime tributario della Tares comporterà, per le attività economiche, un incremento del 10 per cento delle aliquote applicate.

Tares è un tributo oltremodo iniquo, privo di un legame fra l’imposizione e gli effettivi quantitativi di rifiuti conferiti da ciascuna azienda.

Il costo della gestione dei rifiuti, in base alla Tares non sarà cioè legato alla loro produzione, ma alla dimensione dell’edificio, indipendentemente dalla natura e dal volume dei rifiuti prodotti. Ritengo che continuare ad aumentare il carico fiscale possa solo condurre altre imprese al collasso.

Il nuovo Tributo comunale accorpa la Tia e la Tarsu, introducendo un nuovo balzello statale di 0,3 euro a metro quadro, che comporterà un nuovo aggravio di costi per case private, negozi e capannoni.

A ciò si aggiunge la possibilità per i Comuni, possibilità introdotta dal Dl “Salva Italia” di aumentare di ulteriori 10 centesimi a metro quadro la parte relativa ai cosiddetti servizi indivisibili comunali; ciò al fine di ripianare eventuali buchi di bilancio delle Amministrazioni comunali.

In realtà gran parte degli introiti derivanti dall’applicazione della Tares, anziché restare in loco, saranno destinati allo Stato centrale per ripianare il bilancio.

(Fabio Filippi, Consigliere regionale del Pdl)