Alcuni fatti recenti hanno contribuito ad attrarre l’attenzione sul particolare fenomeno delle coop spurie: una delle anomalie, non la sola, di un sistema economico e produttivo esposto a troppe irregolarità ed a facili infiltrazioni.

Anche nei nostri territori per troppo tempo si è lasciato correre, affidandosi all’estremo quanto prezioso intervento degli inquirenti, ed abbassando così la capacità preventiva di analisi e di filtro da parte delle istituzioni economiche.

Per troppo tempo abbiamo assistito alle “solitarie” denunce della Cgil.

Dopo le nostre numerose segnalazioni, denunce e vertenze sindacali riguardanti cooperative atipiche o sospette, operanti nei delicati settori del terziario, dell’agroalimentare, delle ceramiche, dell’edilizia, del sociale e fino alla sciagurata gestione dei Cie, c’è stato il recente sequestro di un’impresa coop a Formigine per attività mafiosa, poi la recentissima e brillante operazione della Guardia di Finanza modenese che ha – speriamo definitivamente – acceso un utile riflettore sulle cooperative fasulle ed illegali.

Eppure, basterebbe osservare quanto sia “appetibile” il tessuto economico e produttivo del nord, emiliano e modenese, per il proliferare di imprese cooperative anomale.

La dimensione del fenomeno è inaspettata. Anche nel modenese.

In primo luogo, va sottolineato lo straordinario valore sociale ed economico dell’esperienza cooperativa nei nostri territori. Un patrimonio che ha radici storiche ed etiche profonde e che viene da lontano.

In provincia di Modena risultano iscritte all’Albo delle Imprese oltre 1.400 aziende cooperative, operanti in oltre un centinaio di filoni o “ragione sociale” di attività, con uno straordinario patrimonio sociale e capacità produttive che interessa migliaia di lavoratrici e lavoratori: oltre 34.000 nella sola nostra provincia.

Come ben sappiamo, lavorano nei settori portanti e tradizionali della nostra economia, con punte elevate di innovazione e tenuta sociale, nonostante l’imperversare della crisi che, ovviamente, non risparmia nessun settore o forma d’impresa.

Al netto delle circa 220 imprese cooperative iscritte che risultano però “non attive” – e questo dato andrebbe meglio approfondito – nel modenese restano oltre 1.200 aziende cooperative dalle dimensioni limitate/quasi famigliari, sino alle medie e grandi strutture che conosciamo.

Circa due terzi di questo ampio universo cooperativo non è aderente a nessuna delle tre grandi Organizzazioni/Centrali cooperative legalmente riconosciute. In particolare, sono le imprese di più recente costituzione e quelle operanti in settori maggiormente esposti al rischio di subappalto fittizio e rapporti di lavoro irregolari.

Diranno meglio le Centrali cooperative, ma la non adesione comporta il sottrarsi alle funzioni di vigilanza e ad una serie di controlli e vincoli più trasparenti, che le Centrali sono tenute ad esercitare per legge verso le associate.

La scelta della via “privatistica”, per tantissime coop che si affidano al professionista di comodo, è spesso l’anticamera delle situazioni che portano al lavoro irregolare, alle palesi sottrazioni dei diritti, ai trucchi per evadere fisco e contributi, ai falsi soci, ai bilanci di comodo e non sempre certificati, scommettendo sui rari controlli.

Lavorazione delle carni ed agroalimentare; lavori di meccanica e manutenzioni; attività immobiliari; costruzioni edilizie ed infrastrutture; intermediari del commercio; autotrasporto, logistica e facchinaggio; attività di consulenze; noleggi; attività di assistenza sociale.

Sono questi i settori delle cooperative modenesi palesemente spurie e dove si intrecciano le maggiori casistiche di gravi vertenze sindacali, denunce ed esposti alla Direzione Prov del Lavoro, provvedimenti giudiziari, estese attività investigative della GdF, per truffe, frode fiscale, falsificazione contabile, illecita somministrazione di mano d’opera e segnali di caporalato.

Per l’economia malavitosa ed i clan organizzati con forte disponibilità di risorse, la scelta del modello cooperativo spurio, rappresenta una scorciatoia ed una “base logistica” sempre più praticabile.

I controlli e le ispezioni devono essere più stringenti, meglio coordinati e meno dispersivi.

Controllo e deposito dei bilanci, rispetto dei vincoli statutari e corretto funzionamento dei Collegi sindacali, certificazione dei bilanci e revisioni contabili: competenze oggi sparpagliate fra Camera di Commercio, Direzione del Lavoro e Ministero per lo Sviluppo! Da qui dovrebbe ricominciare la vera spending review.

Negli appalti pubblici anche locali, inoltre, è sempre più evidente la necessità di un controllo stringente dei contratti stipulati da cooperative palesemente “di scopo”, con particolare attenzione alla illecita somministrazione di manodopera e l’ingresso nei cantieri di imprese malavitose.

A proposito di caporalato,riportiamo lo stralcio di un cinico spot promozionale,proposto anche dalle nostre parti,dal legale rappresentante di una coop fasulla di Padova che propone ” l’imbattibile costo orario delle nostre prestazioni, con tariffa per operaio generico di 9 euro/ora, per operaia di 8 euro/ora (?!) “.

Naturalmente immigrati stranieri.

L’invito è per il Presidente del Veneto dopo le stupidaggini rivolte alla nostra neo Ministra Cècile Kyenge, coinvolta per avere lo stesso colore di due stupratori. Allora Zaia venga nel modenese e, oltre alle scuse, si faccia carico dei costi dei reati di sfruttamento/evasione/truffa ai danni di donne e uomini, offesi e derubati dal cooperatore padovano.

 

(Franco Zavatti, Cgil Modena-coordinatore legalità e sicurezza Cgil regionale)