Grande partecipazione, oggi, all’Auditorium 1919 di SACMI Imola, per l’incontro “Ri-conoscere il cambiamento”, ultimo di sei incontri di formazione e confronto sulle tematiche del cambiamento nell’era della digitalizzazione dei processi e dei servizi.

Avviato a marzo con l’inaugurazione di SACMI Innovation Lab, la open platform dell’innovazione 4.0 al servizio del sistema regionale delle imprese, il percorso “re-thinking the future” ha toccato tutti i temi chiave che sia il mondo delle imprese, sia la società nel suo complesso, si trovano ad affrontare alla luce della portata del cambiamento in corso e della sua straordinaria accelerazione.

“Desidero esprimere grande soddisfazione – ha esordito il presidente di SACMI Imola, Paolo Mongardi, introducendo l’incontro – per la straordinaria partecipazione registrata ai nostri eventi, pensati per condividere con le maestranze e con la città come le tecnologie cambieranno il nostro modo di vivere e di fare le cose”. Con una presenza media di 600 persone ad evento, il percorso ha totalizzato oltre 2.400 partecipanti, “segno della maturità e della consapevolezza che in SACMI e, più in generale, nel nostro territorio, si registra su questi temi”.

SACMI nasce nel 1919 dal coraggio e dalla determinazione di 9 tra meccanici e fabbri imolesi disoccupati. Tutta la sua storia – ha ricordato il presidente – è contraddistinta dalla capacità di leggere ed anticipare il cambiamento. Dapprima passando dalle semplici lavorazione meccaniche alla produzione di macchine a proprio marchio. Quindi, dal secondo dopoguerra, allo sviluppo di linee di business “distintive” e abbastanza diversificate (macchine e impianti per ceramica e packaging) da permettere alla Cooperativa di andare oltre le oscillazioni del mercato. “Oggi può apparire scontato, ma per quei tempi si trattava di visioni molto lungimiranti, come quella di avere assunto già negli anni Cinquanta un ingegnere – Aldo Villa, NdR – per strutturare i primi percorsi di internazionalizzazione”.

Il resto è storia di oggi. Non solo impianti completi, ma macchine in grado di “parlarsi” tra di loro, connesse in rete (un principio già incorporato nell’impiantistica SACMI sin dagli anni Ottanta, quindi ben prima della rivoluzione digitale). Mentre sono già nero su bianco, grazie a due anni intensi di lavoro sulla governance di Gruppo, le linee guida che proiettano SACMI al 2030, inquadrandola come “smart company globale” attrezzata per cogliere le sfide della sostenibilità e dell’ulteriore digitalizzazione dei processi e dei servizi.

Come gli altri eventi della rassegna, anche l’incontro di oggi – aperto alla partecipazione del pubblico – ha messo in agenda diverse testimonianze di alto livello. Moderatrice e ospite d’eccezione la giornalista e conduttrice RAI Barbara Carfagna, che ha stimolato i relatori allargando il campo alla reale portata (sociale e filosofica, prima che economica) della cosiddetta “quarta rivoluzione industriale”. “La prima rivoluzione, da questo punto di vista, fu proposta da Copernico. Non è più la terra, quindi l’uomo, al centro dell’universo”, ha spiegato Carfagna. Poi Darwin, Freud, Alan Turing, che hanno stabilito come l’uomo non sia per sua natura diverso dalle altre specie animali, né sia perfettamente razionale, ed abbia infine perso la propria centralità essendo gli oggetti più comuni, oggi, perfettamente in grado di “dialogare tra loro”.

Elementi che, riportati sul piano aziendale e sociopolitico, si intersecano con evidenti “mega-trend dell’innovazione”. Snocciolati da Raffaele Secchi, direttore della LIUC business school of economics, tali numeri parlano di una popolazione mondiale in ulteriore ascesa (2 miliardi in più entro il 2050), con un peso specifico sempre maggiore del continente asiatico (le sole Cina e India sfornano 100mila ingegneri l’anno e contribuiranno al 35% del PIL mondiale entro il 2030), e il progressivo invecchiamento della popolazione. Robot, intelligenza artificiale, additive manufacturing: questi alcuni degli “switch” tecnologici con i quali tutte le aziende del mondo hanno a che fare, mentre le aspettative del cliente-consumatore si fanno sempre più raffinate (personalizzazione, zero waste time, nuova sensibilità per ambiente e beni comuni).

Quale la via italiana al cambiamento per un sistema-Paese come il nostro, irrilevante sul piano demografico ed in relativo ritardo su quello tecnologico? L’unica scelta possibile, secondo Andrea Pontremoli – per 30 anni uomo di punta di IBM e ora CEO e azionista di Dallara – è scommettere su prodotti e mercati ad altissimo valore aggiunto. “Le cose che costano poco costeranno sempre di meno – ha esemplificato Pontremoli – mentre ci sarà sempre spazio per l’unicità dello stile di vita e del prodotto italiano”. Marketing, innovazione, investimento sul valore e sulle competenze delle persone sono i pilastri indispensabili del percorso, “non ci possiamo permettere di vivere di rendita”.

Essere uomini del territorio con lo sguardo lungo sul mondo è, parallelamente, la ricetta proposta da Alberto Giacomo Forchielli. Investitore e imprenditore, con forti radici in Emilia-Romagna e nella città di Imola, Forchielli ha misurato per anni, su scala internazionale, i vizi e le virtù della globalizzazione. “SACMI è un esempio di eccellenza nell’innovazione. Ma anche l’azienda più grande e strutturata, se ed in quanto azienda del territorio, non può più illudersi di trovare l’innovazione sotto casa. L’innovazione va cercata laddove si trova, e parliamo di non più di 4 o 5 centri in tutto il mondo. Probabilmente – ha concluso Forchielli, che si dice un “tecnologo” convinto – le nostre aziende e le nostre società sapranno diventare migliori proprio grazie alle opportunità delle nuove tecnologie, accompagnate da un giusto insieme di azioni regolatorie sul piano, quantomeno, europeo.

“Nell’era digitale il valore principale è il dato – ha spiegato Barbara Carfagna, proponendo alcune pillole dell’ampio lavoro giornalistico sviluppato sul “transumanesimo” – che viaggia su piattaforme e continenti digitali. Armi a doppio taglio, avverte Carfagna, nella misura in cui gli algoritmi evoluti di riconoscimento del volto, abbinati ad una profilazione delle scelte di consumo e comportamenti dell’utente, possono tradursi in un vero e proprio “grande fratello 4.0” che riduce sino ad azzerare i valori e l’etica democratica. Non è un caso, ha chiosato la giornalista, se gli stati totalitari o le democrazie deboli siano i luoghi che più efficacemente hanno recepito la rivoluzione digitale in corso.

Al termine della tavola rotonda, con diversi spunti e domande del pubblico presente, la conclusione al presidente, Paolo Mongardi, che ha invitato tutti a “restare con i piedi per terra. La cosa più importante è attrezzare questa azienda e questa città per festeggiare il secondo centenario”. Come fare? Aprendo alle nuove tecnologie e ai contributi esterni, esplorando le nuove frontiere – anche estreme – dell’intelligenza artificiale, mettendosi in rete con le migliori esperienze a livello mondiale (un’occasione per ricordare la partnership di SACMI con il MIT di Boston, siglata all’inizio di quest’anno). “Ma soprattutto dobbiamo farlo tenendo fermi i nostri valori e principi, quelli già scritti dai nostri avi nello Satuto di SACMI, e questi si possono riassumere nella centralità e nel valore della persona all’interno dei processi produttivi e delle dinamiche sociali. Solo in questo modo potremo rinnovare la straordinaria lungimiranza dei nostri padri fondatori e costruire un futuro di nuovo benessere condiviso per la nostra azienda e per la nostra città”.

Chiusi gli incontri di formazione, SACMI dà appuntamento al prossimo 30 novembre con un vero e proprio open day in azienda, aperto alla partecipazione del pubblico e delle famiglie, una ulteriore occasione per conoscere la “fabbrica della città di Imola” che nel 2019 celebra i primi 100 anni di storia.