Una ‘santa alleanza’ per la tutela e l’affermazione della tipicità gastronomica e la riconoscibilità socio-culturale di diversi prodotti esclusivi e caratterizzanti la cucina e la tradizione culinaria di Reggio Emilia.

E’ tutto nero su bianco: “Veicolare il patrimonio storico rappresentato dalla cucina tradizionale reggiana quale fulcro per una nuova progettualità di promozione di Reggio Emilia e del suo territorio provinciale, come simbolo ed eredità del passato proiettato nel presente e orientato a costruire nuovi modelli di sviluppo di un nuovo mood reggiano”. Lo si legge nel Protocollo d’intesa, approvato oggi dalla giunta comunale e sottoscritto, oltre che dal Comune di Reggio Emilia, dai soggetti – associazioni culturali, di ricerca storica e tutela – che intendono collaborare a questa operazione di riconoscibilità e promozione, anche con l’istituzione di collaborazioni pubblico-proivate, dopo i felici risultati dell’istituzione del marchio DeCo, Denominazione comunale di origine, e del conferimento di tale distintivo al Cappelletto reggiano.

Tali soggetti titolati e cofirmatari oggi del patto sono: Accademia dell’Aceto tradizionale Terre di Canossa in rappresentanza della quale era presente Davide Borghi, Accademia italiana della Cucina – Delegazione di Reggio Emilia rappresentata da Anna Marmiroli, Associazione Cappelletto reggiano con Danilo Morini, Associazione Cuochi città del Tricolore rappresentata da Simone Magnanini, Deputazione di Storia patria per le Antiche provincie modenesi – Sezione di Reggio Emilia con Giuseppe Adriano Rossi.

E, dopo il Cappelletto, dalla ‘notte dei tempi’ del Sapere gastronomico già si affacciano all’esame della Commissione DeCo due altre eccellenze storiche tradizionali: la Chizza reggiana e la Saba reggiana. La Commissione dunque si riunisce nuovamente per valutare – l’istruttoria è in corso – i rispettivi Disciplinari dei prodotti Chizza e Saba, in questo caso su proposta e stimolo dell’Accademia italiana della Cucina di Reggio Emilia e dell’Accademia dell’Aceto tradizionale Terre di Canossa.

 

SENZA CARTA NON SI SORBISCE – Se è vero che senza ricettario non si cucina, è pur vero che senza la carta, quella dell’Intesa, non si fanno granché passi avanti, soprattutto quando devono essere fatti insieme.

Ecco perciò il Protocollo d’intesa, firmato oggi, che si pone l’obiettivo condiviso di un lavoro comune: veicolare il patrimonio storico rappresentato dalla cucina tradizionale reggiana quale fulcro per una nuova progettualità di promozione di Reggio Emilia e del suo territorio provinciale, come simbolo ed eredità del passato giustappunto proiettato nel presente e orientato a costruire nuovi modelli di sviluppo del ‘sapere reggiano’.

I soggetti firmatari sono riconoscibili tra coloro che sono stati in grado, negli anni, di attivare riflessioni, divulgazione e nuove forme di conoscenza. E’ dunque imprescindibile attivare con loro, da parte del Comune di Reggio Emilia, buone forme di collaborazione per raggiungere gli obiettivi di valorizzazione del patrimonio culinario tradizionale.

Un’idea filosofica, che non guasta e non è secondaria sta alla base di questa Summa gastronomica in progress: nessuna mummia, nessuna nostalgica ‘musealizzazione’ ma, al contrario, un vitale e vivace tracciamento del patrimonio culturale della Cucina e della Tavola, da sviluppare e trasmettere, a presente e futura memoria, alle nuove generazioni.

Dice ancora la Carta: “Leggere un territorio, costruirci una narrazione e comunicarla ad un pubblico più vasto non significa soltanto andare in cerca di una nuova forma di riconoscibilità e di una storia non immobile che si trasforma in tradizione e si rinnova ogni giorno diventando attualità e sviluppo, ma significa anche allacciare rapporti e forme di collaborazione con i soggetti in grado di costruire nuove progettualità culturali che vanno in questa direzione e nuove forme di comunicazione dei valori di cui la nostra città è portatrice”. E ancora: “Il Comune di Reggio Emilia, attraverso questo Protocollo d’intesa, vuole trovare e rafforzare nuove forme di promozione, identità e riconoscibilità del proprio patrimonio culinario attivando collaborazione attiva con quei soggetti che, nei diversi ambiti della tradizione storica e gastronomica reggiana, sono identificabili come portatori di saperi in termini di studio, ma anche di ricerca, sperimentazione e divulgazione”.

D’altro canto, è ormai ampiamente assodato che il sistema di marketing territoriale e di riscoperta e valorizzazione dei centri storici cittadini, anche in chiave turistica, non può prescindere da un concreto progetto di riscoperta e messa in valore dei prodotti tipici della gastronomia locale: un progetto che dovrà necessariamente trasformarsi  anche in un forte impulso al tessuto commerciale e produttivo della città e del suo territorio.

 

DETTO FATTO: IL PANIERE SI ARRICCHISCE – Nell’ambito del percorso DeCo, messo in campo per rafforzare il sistema identità-produzione culinaria del territorio, l’Amministrazione comunale ha posto in rilievo la volontà di individuare nuovi prodotti tipici da inserire nel paniere e di tracciare il proseguo dei lavori consolidando la metodologia positivamente sperimentata in occasione della stesura del disciplinare del Cappelletto reggiano.

Prosegue quindi l’impegno della Commissione DeCo, riunitasi nuovamente per l’accoglimento di due nuovi disciplinari di prodotti della tradizione, in questo caso – si diceva – su proposta e stimolo dell’Accademia italiana della Cucina di Reggio Emilia e dell’Accademia dell’Aceto tradizionale Terre di Canossa: la Chizza reggiana e la Saba reggiana. La Commissione è all’opera e farà sapere il proprio responso a istruttoria conclusa e parere formulato e sottoscritto.

Come previsto nel Regolamento approvato dal Consiglio comunale, l’Amministrazione si renderà disponibile ad accogliere eventuali ulteriori ricette di Saba e Chizza, che saranno visionate ed approfondite dalla Commissione stessa durante la propria indagine.

Il Comune, al fine di dotare la Commissione di ulteriori strumenti di indagine e approfondimento, pubblicherà un avviso per individuare eventuali altri soggetti che desiderano rendersi disponibili a fornire la propria esperienza e professionalità in qualità di esperti esterni, che saranno consultati nel corso dei lavori di stesura dei due disciplinari.

 

PROFILI DI ANTICHE SIGNORE – Nel Vocabolario Reggiano-Italiano di Giovanni Battista Ferrari del 1832 si trova la definizione di Saba: “Mosto cotto e alquanto condensato nel bollire che serve per condimento”. Il nome deriva dal termine latino “sàpor” (sapore) dal quale si formò la voce dialettale “saba”, che stava a significare più genericamente “succo di frutta”. Il mosto d’uva deve derivare da particolari vitigni autoctoni in modo tale che, una volta cotto, risulti di colore dall’ambrato al rosso, con note olfattive e aromatiche intense, estremamente dolce e vellutato al palato. La Saba che viene prodotta in provincia di Reggio Emilia segue un’antica e secolare tradizione che prevede l’impiego di uve provenienti dai vigneti composti in tutto o in parte dai seguenti vitigni: Lambrusco (tutte le varietà e cloni), Ancellotta, Trebbiano (tutte le qualità e cloni), Sauvignon, Sgavetta, Berzemino, Occhio di Gatta e dalle uve dei vitigni iscritti alle Doc in provincia di Reggio Emilia. Tra questi vitigni, l’uva di Ancellotta, vitigno ampiamente diffuso nel territorio emiliano, è quella maggiormente impiegata per la produzione della Saba reggiana per le sue caratteristiche di scarsa acidità fissa ed elevato grado zuccherino. La Saba è un prodotto a lunga conservazione e viene utilizzata nella preparazione di dolci, bibite e, un tempo, anche quale fonte zuccherina per eccellenza che sostituiva il miele e lo zucchero di canna quando ancora non era disponibile.

La Chizza è un prodotto del tutto reggiano, nato dall’estro di un pasticcere ebreo, Federico Sacerdoti detto Salamein, che aveva il suo laboratorio e forno in via dell’Aquila, una delle strade dell’antico Ghetto di Reggio Emilia.

Il prodotto rispondeva alla esigenza di mangiare gradevolmente un cibo che evocasse un poco lo gnocco fritto ripieno, ma di pasta sfoglia e cotto al forno, e che per essere confezionato non abbisognasse di utilizzo di grassi animali vietati dalla religione ebraica.

La Chizza, nella sua friabilità e croccanza, permetteva di offrire al palato e all’occhio una soluzione intelligente ad un problema complesso. La Chizza, quindi, per sua natura è un prodotto da forno.

Da rimarcare che la Chizza al forno è propria ed esclusiva della città di Reggio Emilia. Più ci si allontana dal centro cittadino più la presenza della Chizza come prodotto locale scompare.

E’ documentato al 1909 l’apprezzamento incondizionato di Edward K. Glayword presidente della ‘British Agricoltural and Industrial Company’, che, dopo una visita e un pranzo sopraffino a Reggio Emilia, scrisse le lodi della Chizza reggiana in un articolo sulla prestigiosa Revue Internationale Gastronomique, dando al prodotto fama internazionale.

 

I COMMISSARI – E’ opportuno ricordare che la Commissione comprende, oltre all’assessore a Valorizzazione del centro storico, attività produttive e commercio Mariafrancesca Sidoli in qualità di presidente, quattro membri ordinari, individuati in sinergia con tutti i soggetti territoriali competenti per gli ambiti agroalimentare, commerciale, enogastronomico e della ricerca: Giuliano Bagnoli autore e curatore di numerose pubblicazioni su gastronomia locale, storia, tradizioni e dialetto reggiani, Daniela Govi presidente di Confesercenti per la zona di Reggio Emilia, Maria Teresa Pacchioli agronoma e responsabile dell’Area tecnica Produzioni animali del Centro ricerca produzioni animali (Crpa) e Crpa Lab e Andrea Pulvirenti professore associato di Microbiologia al Dipartimento di Scienze della vita dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia (Unimore), presidente del Corso di laurea magistrale in Controllo e sicurezza degli alimenti.

 

IL SENSO DI UN PERCORSO – “A volte corriamo il rischio di dare per scontata la ricchezza agroalimentare che ci circonda, col rischio di ridurla, nel tempo ‘senza memoria’, a terreno incolto. Questo è un punto importante per spiegare il nostro percorso e le nostre scelte in tema di tutela e promozione dei prodotti tipici – spiega l’assessora Mariafrancesca Sidoli – Dal primo tavolo di confronto fra Amministrazione comunale e portatori di interesse del territorio, rappresentati in piccolissima parte da addetti ai lavori (ristoratori in primis) e soprattutto da membri e componenti di Accademie della cultura culinaria, uscì come prima proposta la creazione della DeCo quale strumento di creazione di una carta di identità tutta reggiana. Non un mero registro, ma una sorta di tavola imbandita di portate tipicamente reggiane accompagnate da storie di vita e gestualità di una tradizione ancora viva, ma sempre più adombrata dall’inevitabile cambiamento dei tempi e dall’accorciarsi delle distanze geografiche. Fu così costituita la DeCo, con prima approvazione di prodotto, ovviamente, il Cappelletto.

“Da qui – prosegue Sidoli – la necessità di strutturare il metodo, allargando l’ambito del dialogo ad altre realtà di profilo accademico; soggetti con approccio metodologico di ricerca, conoscenza e studio delle tradizioni, un approccio storico che consegnasse il giusto grado di competenza al percorso della DeCo, ma soprattutto lo sguardo necessario per affrontare e tradurre politicamente il ‘semplice’ lavoro di valorizzazione dell’enogastronomia locale. Serviva, e serve, andare al cuore della nostra ricchezza agroalimentare, dagli ingredienti molteplici e sorprendenti, come l’uso di spezie, risultato delle contaminazioni storiche fra i popoli.

“La strutturazione del ‘metodo storico’ ha portato quindi al coinvolgimento e allargamento dei soggetti, oggi firmatari del Protocollo, determinando da parte dell’Amministrazione una scelta precisa di approccio culturale e identitario al tema: una scoperta o riscoperta rivolta ai reggiani e un dono ai viaggiatori che desiderano accostarsi al nostro territorio.

“Grazie a questa collaborazione, che resta sempre aperta anche ad altri soggetti interessati ad essere coinvolti – conclude l’assessora – altri due prodotti vengono candidati al vaglio della commissione DeCo: l’Accademia italiana della Cucina ha candidato la Chizza e l’Accademia dell’Aceto tradizionale Terre di Canossa, la Saba. Mentre altri sono in fase di formalizzazione”.

 

ALTRE INFO – Sul sito istituzionale del Comune è possibile trovare tutte le informazioni e i contatti relativi al marchio DeCo di Reggio Emilia e, per chi volesse sottoporre nuovi prodotti o volesse chiedere l’utilizzo del marchio per i propri Cappelletti, la necessaria modulistica e uno schema che illustra nel dettaglio come preparare il disciplinare di produzione, che potrà essere allegato a entrambe le tipologie di richieste.

https://www.comune.re.it/argomenti/sviluppo-economico-e-innovazione/progetti-di-sviluppo-del-territorio/deco