Prima di tutto formulo l’auspicio che i lavoratori infortunati di questi giorni nei cantieri edili modenesi, l’ultimo stamattina di poche ore fa, si rimettano al più presto. Ma questi incidenti, come spesso accade, non sono quasi mai causa causati dalla fatalità.

Spesso si tratta invece di mancata applicazione delle norme antinfortunistiche e dell’inosservanza della norma che prevede l’uso dei dispositivi di protezione individuale (Dpi). Inottemperanze di cui sono principalmente responsabili gli stessi datori di lavoro, che sono tenuti per legge a fornire tutti i dispositivi di sicurezza, e una volta forniti, sono tenuti a vigilare sull’uso dei dispositivi stessi e sull’applicazione delle norme di sicurezza

In merito all’infortunio dell’artigiano cinese, mi preme precisare che come Sindacati di settore abbiamo registrato l’ingresso di lavoratori cinesi nel settore edile a Modena per la prima volta nel corso del 2009. L’occasione è stata uno dei corsi di formazione obbligatori di 16 ore, previste dal Contratto nazionale edile, da tenersi presso la Scuola Edile (l’ente di formazione bilaterale del settore) per l’accesso al lavoro edile come dipendente.

Una delle classi di corsisti era composta esclusivamente da lavoratori di nazionalità cinese, e nessuno riusciva a comprendere l’italiano. La scuola edile ovviamente, dopo aver preso atto che l’attività didattica non era possibile per l’incapacità di comprendere l’italiano, si è attrezzata con un mediatore culturale e ha portato a termine l’iter formativo. Gli artigiani e i lavoratori autonomi a partita Iva, non sono soggetti a questo obbligo. Paradossalmente il dipendente ha l’obbligo di questa frequenza iniziale per un minimo di formazione in accesso al settore, il suo datore di lavoro NO. Questo è uno dei problemi del comparto: la possibilità per chiunque d’inventarsi competenze che non ha, ed avviare un’attività imprenditoriale in edilizia. Un altro problema è l’uso strumentale, da parte delle aziende appaltanti, di lavoratori a partita Iva: molte volte dietro questa formula si cela una modalità per superare le normative inerenti la regolarità e la sicurezza.

Il sindacato unitario degli edili di Cgil, Cisl e Uil di categoria, anche sulla scorta di una ricerca che abbiamo fatto nel 2006, denuncia da anni questi pericoli per un settore che si è dimostrato molto permeabile a irregolarità, illegalità e presenza di imprese legate alla criminalità organizzata.

Penso che fenomeni di questa natura siano sintomatici di un progressivo degrado del settore che deve essere arginato, con il concorso di tutti i soggetti, partendo da noi e dalle associazioni imprenditoriali, sensibili quanto noi alla qualificazione del settore, per costruire una sorta di “patto etico” in cui tutti ci si impegnino a lavorare e ad appaltare solo ad aziende regolari e che dimostrino di essere in regola, in prima istanza attraverso il Durc (documento unico di regolarità contributiva), e quindi di applicare tutte le norme, comprese quelle per la sicurezza, nell’attività di cantiere. Ne trarrebbe giovamento la qualità del settore e chi appalta lavori edili sarebbe più garantito che il prodotto sia fatto a “regola d’arte”.

La stessa Regione Emilia-Romagna sta definendo nuove norme per la sicurezza e la legalità del lavoro in edilizia, e tra i provvedimenti proposti vi è anche l’istituzione di una “white list” che raccolga tutte le aziende edili virtuose a cui attingere per appalti e forniture di prestazioni.

(Sauro Serri, segretario sindacati edili Fillea/Cgil Modena)