L’intervento pronunciato questa mattina dal sindaco di Bologna, Sergio Cofferati, durante l’incontro a Palazzo Re Enzo del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, con i rappresentanti
istituzionali della regione.


Signor Presidente, è con gioia e con affetto che la città di Bologna accoglie Lei e la Signora Clio.
Nella Sua visita avrà modo di vedere molte delle eccellenze economiche e sociali della regione e della comunità bolognese.
Verificherà direttamente l’esistenza di un solido tessuto economico fatto di aziende antiche e recenti capaci di competere nel mercato globale in ragione della qualità dei loro prodotti e della grande capacità di innovazione che storicamente le caratterizza.
Nello stesso momento incontrerà i rappresentanti delle associazioni di interesse, sia quelli di impresa che del lavoro, esplicitazione di una altissima vocazione associativa di volontà ad agire e a rappresentarsi collettivamente che sostiene ed irrobustisce la capacità competitiva dei
nostri territori.
Non da ultimo parlerà con i rappresentanti dell’associazionismo sociale, di quell’esteso e ricco tessuto che attraverso l’esercizio quotidiano della solidarietà lenisce sofferenze, include gli esclusi, aiuta i più deboli, contribuisce robustamente con una moderna azione di sussidiarietà alle amministrazioni locali ad assicurare l’adeguata coesione sociale.
Le stringeranno la mano, le parleranno dei loro problemi donne e uomini impegnati in questo nostro tempo a svolgere azioni che perdono la loroorigine in un lontano passato.
Bologna, non diversamente da altri territori della regione, ha fissato l’identità della sua comunità collegando fecondamente la capacità di
innovare in economia alla protezione delle sue cittadine e cittadini.
L’utilizzo delle acque per rendere automatica la torcitura della seta, incrementando i volumi della produzione, riducendone i costi e liberando il
lavoro dalla fatica più dura, fece di Bologna la capitale nel mondo per la produzione di quel tessuto.
E’ un lontano esempio, siamo nell’alto medioevo, di capacità di innovare prodotto e processo, di unire conoscenza a economia.
Quella simbiosi è rimasta anche con la scomparsa della seta. E’ rimasta la capacità di fare macchine complesse, ne sono la riprova oggetti dall’uso diversissimo come i nostri orologi, o gli organi musicali, o i motori e le macchine automatiche del packaging di oggi.
La vocazione ad innovare è diventata cultura diffusa che molto deve, a mio giudizio, alla presenza della più antica università.
Non esiste una relazione diretta tra la cultura e l’innovazione prodotte dall’accademia e il loro trasferimento nell’economia diffusa, ma la libera
circolazione delle idee, il confronto sistematico tra scuole diverse, tra esperienze diverse, crea un clima, una condizione ambientale che stimola la
ricerca della competizione alta e disincentiva l’adagiarsi nel quotidiano. Ma la sola capacità di produrre e trasferire innovazione non sarebbe
bastata se intere generazioni di amministratori non avessero agito per realizzare una diffusa e robusta rete di protezioni sociali, di welfare
territoriale, come oggi viene chiamato, in grado di assicurare ai cittadini certezze e fiducia nel futuro.

Un livello alto di qualità della vita ha favorito i comportamenti partecipativi delle persone all’attività delle istituzioni e al lavoro
nelle imprese. Non è un caso che qui il conflitto abbia mantenuto sempre il suo carattere fisiologico e non sia mai sfociato in patologia.
La coesione sociale è uno straordinario elemento di competizione dei territori, come più volte la stessa Unione Europea ci ha ricordato nei suoi documenti più impegnativi, come quello di Lisbona del 2000 e la Carta dei diritti di Nizza, documenti che hanno preceduto l’allargamento dell’Unione e la sua Costituzione, documenti ai quali Lei ha contribuito nel suo lungo lavoro in Europa e per l’Europa.
Il futuro della nostra comunità è strettamente legato alla capacità delle istituzioni locali e nazionali di riproporre e riprodurre la connessione
delle politiche di sviluppo con quelle di welfare, di dotare la città di moderne infrastrutture, di far evolvere la qualità della risposta ai nuovi
bisogni e di ridefinire più larghi ed efficaci modelli di governo del territorio.
Bologna è interessata da una sensibile ripresa della natalità, dagli effetti dell’allungamento dell’aspettativa di vita dei suoi abitanti, da un
flusso migratorio costante che affianca nuove etnie e nuove culture a quelle storicamente presenti, dall’aumento della popolazione giovanile
determinato dagli studenti universitari fuori sede.

Sono tutti fenomeni positivi che sfidano al buon governo gli amministratori, sono processi che mettono a confronto stili di vita assai
diversi, che richiedono politiche nuove o che a volte, più semplicemente, ripropongono l’esigenza di scelte antiche sollecitate dai nuovi bisogni.

A Bologna il 34% dei bambini può disporre di un asilo nido contro una media nazionale del 9%, per farLe l’esempio più clamoroso, e tuttavia dobbiamo ancora impegnarci per eliminare le liste d’attesa che penalizzano molte famiglie.
E’ il frutto dell’aumento della natalità, dell’alto tasso di occupazione femminile, di una positiva idea che le donne e le famiglie hanno della
maternità e del rapporto che, fin dalla nascita, i loro figli devono avere con la scuola e dunque con la conoscenza.
Sapere e cultura sono componenti dell’identità della nostra città ma sono anche importanti elementi della qualità della vita e dell’attrattività
dell’intera comunità.
Le nostre biblioteche e i musei, i teatri, la Cineteca e il nuovo Museo di Arte Moderna che inaugureremo tra poche settimane, sono luoghi qualificati ed apprezzati. L’Unesco ci ha di recente gratificato del riconoscimento di Città Creativa della Musica, onore che nel mondo condividiamo con la sola Siviglia.
Come si vede disponiamo di eccellenze che favoriscono la costruzione del nostro futuro, il livello della vita cittadina è alto, ma non dimentichiamo i problemi che pesano sui più deboli, sui più poveri.
Come tutte le comunità economicamente forti abbiamo intorno a noi fenomeni di esclusione sociale e problemi di sicurezza nella vita quotidiana.

L’una cosa non genera automaticamente l’altra, come osservatori superficiali vorrebbero far credere, ma favorire l’inclusione crea fiducia
e serenità. Allo stesso tempo favorire una cultura della legalità che sostiene l’esercizio solidale e non gli delega compiti impropri, aiuta
egualmente a vivere serenamente.
Il 3 giugno 1257 il Consiglio del Popolo di Bologna decretò che quanti abitavano in città e nel territorio dovevano essere ritenuti tutti,
indistintamente, donne e uomini liberi.
Si concretizzò la proposta che l’anno prima il capitano del popolo Bonaccorso da Soresina aveva rivolto agli anziani, ai consoli della
mercanzia e del cambio, ai responsabili delle arti e delle armi, ai membri del consiglio maggiore e di quello minore affinché tutti i servi e le serve
abitanti nella città e nella diocesi di Bologna venissero ceduti al Comune di Bologna che, dopo averne pagato il riscatto, li avrebbe dichiarati liberi.
I loro nomi furono trascritti in un registro che da allora viene ricordato con le parole iniziali del testo che precede l’elenco: Liber Paradisus.
Sono ormai trascorsi 850 anni da quando 5.855 servi riacquistarono la loro dignità di liberi cittadini. La città ricorderà con impegno quel giorno,
come inizio di un lungo e moderno percorso dell’affermazione dei diritti fondamentali della persona, dalla eguaglianza degli stessi fino alla piena cittadinanza, fondamento delle attuali democrazie.
Bologna, città medaglia d’oro della Resistenza, crede fermamente nella libertà e nella democrazia. Non si è mai piegata di fronte alle ferite che le sono state inferte, ha reagito con gli strumenti che la democrazia stessa mette a disposizione, rafforzando il suo senso civico e la sua identità.
L’esercizio della memoria è vitale per ognuno di noi senza reticenze o rimozioni, come Lei stesso ha sottolineato con parole forti e coraggiose in
occasione della giornata del ricordo.
La nostra comunità è chiamata spesso a farlo, insieme ad altri o da sola, per ricordare le vite umane troncate dalla follia del terrorismo di stampo
fascista negli attentati ai treni e alla stazione, per non dimenticare quelle scomparse tragicamente nel mare di Ustica, quelle distrutte dai criminali della Uno bianca, per ricordare il Professor Marco Biagi ucciso barbaramente dalle Brigate Rosse che cercarono di cancellare la delicata funzione di cerniera tra lo Stato e le comunità, prodotta dal suo importante lavoro di studioso.
Il nostro ricordo è mirato al rispetto e alla devozione verso tutte le vittime innocenti e alla ricerca della verità storica e giudiziaria laddove
ancora permangono zone d’ombra. Rifletteremo, nelle prossime settimane, con lo stesso spirito, sugli avvenimenti che trent’anni orsono, nel 1977, produssero una lacerazione profonda tra le istituzioni e i giovani. Per capire, senza rimuovere.

Signor Presidente, voglio esprimerLe infine riconoscenza e gratitudine per il ruolo che Lei svolge e per come lo svolge. Il nostro Paese è ancora interessato da un lungo, troppo lungo, processo di transizione. I valori della Costituzione sono spesso oggetto di riserve infondate in virtù della competizione politica, specie quando questa si trasforma in conflitto.
I mutamenti dei più delicati assetti istituzionali non sono completati e in particolare non sono sempre adeguatamente condivisi.
Per questo garantire la efficace presenza del nostro Paese nel contesto internazionale, scosso da conflitti che negano la pace e la cooperazione, e
contemporaneamente aiutare la ricerca di stabili assetti istituzionali è compito difficile e faticoso.

Servono determinazione, capacità ed equilibrio, doti che non Le mancano, e poi è necessario il consenso delle cittadine e dei cittadini, quello che a
Bologna troverà. Spero Le sia utile nel Suo delicatissimo lavoro. A noi sarà utilissima la Sua visita, così come saranno fecondi i Suoi giudizi.
Grazie per la Sua presenza”.