Il consiglio comunale, in apertura della seduta odierna, ha ricordato Carlo Maria Badini, scomparso giovedì scorso a Bologna. Dopo la commemorazione tenuta dal sindaco Sergio Cofferati, l’aula ha osservato un minuto di silenzio.

Il testo della commemorazione tenuta dal sindaco Sergio Cofferati.

“Gentilissima signora Ada, Consigliere e Consiglieri, è difficile per me ricordare qui Carlo Maria Badini, in ragione di un affetto profondo che mi legava a lui, persona dai tratti straordinari, che ha dato a questa comunità moltissime delle sue energie. Carlo Maria aveva un profilo umano,
politico e culturale davvero fuori dal comune. Era orgoglioso della sua origine proletaria, come la definitiva utilizzando un termine forse un po’
arcaico, ma aveva saputo costruire, per sé e per le persone che hanno avuto la fortuna di lavorare e di collaborare con lui, un lungo, interessante e
proficuo percorso. Come è stato più volte ricordato nel corso di questi giorni, Carlo Maria inizia la sua attività pubblica come sindacalista. Mi diceva spesso scherzando: “Siamo stati in anni così lontani pur colleghi.
È stato componente della Segreteria della Camera del Lavoro di Bologna nell’immediato dopoguerra, incarico che ha lasciato per passare ad
un’attività più direttamente politica, proprio nelle istituzioni. Nel 1951 venne eletto Consigliere in Provincia per il Partito Socialista e due anni
dopo divenne Assessore alla Pubblica Istruzione e alle Attività Culturali, incarico che mantenne per un lungo periodo, incarico per lui denso di
occasioni formative, ma anche destinato ad offrirgli la possibilità di introdurre nelle istituzioni culturali bolognesi tantissimi elementi di novità. Varrebbe la pena qui di ricordare il Consorzio per la Pubblica
Lettura, una sorta di sistema bibliotecario che generò intorno al libro un grande interesse ed una curiosità inedita; vi parlo di una iniziativa che
si colloca oltre 50 anni fa. Oggi il libro e la lettura sono diventati, per fortuna, riferimento per la produzione e per la fruizione culturale da parte di tantissime persone. Carlo Maria fu un innovatore. Si rese conto in un tempo lontano, nel quale l’accesso al libro, alla parola scritta, era
difficile per molti, di quale era il valore straordinario di quel patrimonio che Bologna aveva e che doveva mettere a disposizione non
soltanto dei suoi cittadini, ma di tutti coloro che avevano un interesse compiuto e convinto, quello delle sue biblioteche. Lavorò a lungo occupandosi poi di teatro, a partire da quello di prosa; arriverà al teatro musicale e più direttamente ai teatri d’opera soltanto successivamente. Restò per lunghi anni Consigliere provinciale. Fu quella – come ebbe a dire lui più volte – un’attività che conferì alle sue conoscenze, alla sua professionalità, elementi di arricchimento di particolare consistenza, e per lui, come per noi, fruitori di grandissimo interesse. Poi divenne Sovrintendente del Teatro Comunale della sua città, di Bologna, nel 1964. Ancora molti ricordano oggi non soltanto il valore di quella sua esperienza. Un teatro di una città importante con una storia antica di
grandissimo profilo era, però, in quegli anni un teatro che faticava ad imporsi nel panorama nazionale. Con la gestione di Carlo Maria divenne
addirittura un importante teatro internazionale, recuperando, attraverso la produzione, e anche lì attraverso le innovative modifiche di struttura e di
organizzazione interna, un punto di riferimento per la cultura di moltissimi. Non furono soltanto le produzioni, ma fu la grande capacità di gestire pensando a come un teatro nato sostanzialmente per essere luogo di produzione, ahimè troppe volte nel corso di quei decenni limitata alla fruizione dei ceti più abbienti, come un teatro deve essere luogo di vita, di cultura e deve essere accessibile a tutti. Il mutamento della struttura organizzativa interna al suo teatro rimane ancora oggi non soltanto una
delle novità più significative su quel terreno di quegli anni, ma anche un elemento sul quale si fonda ancora la vita e l’attività del Comunale ai
nostri tempi. I risultati indiscussi e indiscutibili, l’altissimo profilo, la grande professionalità unita a quella civiltà culturale della sua città, di Bologna, come recita la delibera della Giunta, approvata poi dal Consiglio, che gli consegnò l’Archiginnasio d’Oro per l’anno 1991; ecco, quella civiltà culturale, apprezzata anche lontano dalla nostra città, divenne la ragione per la quale Carlo Maria Badini venne poi chiamato a dirigere il teatro d’opera più importante del Paese: la Scala. Era
un’impresa da far tremare i polsi sostituire alla Sovrintendenza della Scala Paolo Grassi. Cominciava la lunga fase di celebrazioni del
bicentenario della Scala: non si impressionò, non si spaventò, non si fece condizionare dalle perplessità che pure a Milano esistevano intorno alla scelta che quell’Amministrazione aveva fatto. Vinse lui il confronto con gli scettici della città, e gli scettici diventarono rapidamente tra i suoi
più accesi sostenitori, tra coloro che condividevano non soltanto la sua linea di politica culturale, ma anche il modo con il quale la gestiva, quel
modo di intendere la cultura diretto, di guardare all’insieme della società milanese e non solo. Senza steccati, lui socialista, aperto al confronto
con ogni e qualsiasi cultura politica dalla sua, lui figlio di una cultura politica e di un partito ben definiti, non accettò mai di essere rinchiuso
nella sua attività culturale in un ambito diverso da quello che gli era stato proposto, quello dell’organizzatore. Mai si fece condizionare e in
quegli anni difficili la Scala, non a caso, arrivò ad alcuni dei vertici più alti della sua storia culturale musicale. Come molti di voi ricorderanno, sono gli anni più fecondi della collaborazione con Claudio
Abbado, fino all’arrivo di Riccardo Muti; sono gli anni nei quali Strehler, da grande nume e vate del Piccolo Teatro, dove insieme a Paolo Grassi aveva
contribuito a dare visibilità in Europa e nel mondo alla nostra produzione del teatro di prosa, collaborava con la Scala, fondendo così per scelta di tutti i protagonisti, a cominciare da Carlo Maria Badini, culture, forme e modalità diverse. E così come nella gestione del Comunale aveva favorito
ogni forma di contaminazione partendo dal Festival del Jazz, altrettanto fece a Milano favorendo questo rapporto tra il teatro musicale e quello di
prosa, che mai fu più così intenso e così profondo. Certo, grazie anche alla presenza di persone geniali, di grandissima capacità professionale e
di straordinaria capacità inventiva, ma, come sapete, spesso il genio ha bisogno di essere aiutato a produrre nel modo migliore possibile, ha
bisogno di essere raccordato. E quelle persone, pur così importanti, avevano in lui un punto di riferimento, sapevano di poter contare sulle sue
mitiche capacità di mediazione, anche quando le tensioni non mancavano. Poi, finita l’esperienza alla Scala, non rinunciò ad assumere e ad
assolvere ad altri impegni pubblici. Basterebbe ricordare la presidenza dell’AGIS, iniziata nel 1993, ed infine qui negli ultimi anni la Vicepresidenza della Mozart. Teneva moltissimo a questa creatura,
esattamente come Claudio Abbado, che ne è il responsabile artistico. Si sono reincrociate le loro strade qui a Bologna: in occasione del centenario
di Mozart prese corpo questa scelta, volta a dare ancora una volta alla nostra comunità un’occasione straordinaria, quel valore aggiunto nella
produzione musicale e nella produzione culturale che un orchestra come la Mozart ha saputo portare. Giovani, giovani sotto la direzione di uno dei più grandi direttori del mondo, giovani e grandi esecutori organizzati, sarebbe giusto dire tenuti in coerente sintonia tra di loro da uno
straordinario organizzatore culturale come era Carlo Maria Badini. Si è interrotta qui la sua storia culturale, e la sua storia politica e la sua storia umana non sono mai state separabili. Vorrei brevemente sottolineare alcuni aspetti di questa lunga storia, quelli che voi avete conosciuto
direttamente e che avete apprezzato: quel rivendicare le sue origini. Non ha mai dimenticato, Carlo Maria, dove era nato, la sua collocazione
sociale, ma non era un vezzo, era un modo per considerare la società nelle sue complesse articolazioni e per riaffermare concretamente che un’origine proletaria, come la chiamava, non impedisce di poter assurgere a livelli di
direzione importanti, addirittura primari nel mondo, se pensate alla Scala, quando c’è una straordinaria passione che sostiene un’altrettanto
straordinaria cultura. L’appartenenza politica mai negata, anche nei momenti di difficoltà, anche quando l’appartenenza ai partiti diventava
difficile da rivendicare da un lato e da praticare dall’altro. L’hanno ricordato i simboli della sua passione socialista anche in queste ultime
ore, nell’estremo saluto. Lo faceva con l’intenzione di sempre, quella di colloquiare, di confrontarsi con tutti. Mai persona fu meno chiusa, nessuna
traccia di settarismo si è mai trovata nell’atteggiamento e nell’agire di Carlo Maria Badini. La sua militanza non è mai stata faziosa, ha sempre pensato che era importante un’identità per sé e per le persone che con lui collaboravano, ma ha sempre pensato che questa identità dovesse essere messa a confronto con quella degli altri, doveva servire ad individuare i valori di riferimento, ma a cercare poi di far diventare questi valori elementi di appartenenza o quanto meno elementi di condivisione anche per
gli altri. E poi l’amore per la sua comunità, il ritorno a Bologna dopo l’esperienza milanese, con tantissimi riconoscimenti, con l’apprezzamento
generale che aveva ricevuto nel corso di quei lunghissimi 13 anni, le tante esperienze internazionali. Ma lui non solo voleva stare qui per ricordare i suoi affetti, per condividere con Ada tutta la sua vita, chiuso anche nel dolore di un figlio che la sorte vi aveva sottratto, dolore che lo ha profondamente condizionato, ma che non è mai diventato un limite nel rapporto suo con gli altri e nelle sue attività; dolore che ha reso ancor
più fecondo il suo affetto verso tutti noi, il suo amore per Bologna, per questa comunità. E infine la sua disposizione naturale, l’inclinazione per
l’aiuto agli altri, con questa sistematica messa a disposizione della sua esperienza. Era un maestro inconsapevole e non ha mai rivendicato questo
ruolo, ma era pronto a dare ciò che conosceva agli altri come riferimento, non per costringere, non per obbligare, ma per aiutare ad individuare di
volta in volta la soluzione migliore, con quel pragmatismo che non ha mai negato i valori di riferimento. Mi perdonerete se torno in conclusione,
rapidamente, non mi sarebbe possibile fare diversamente, a qualche ricordo personale, soprattutto all’ultimo incontro con lui. Il suo grande coraggio vi è noto. Quando il male l’ha aggredito non se ne è mai lamentato, non ha mai ridotto lo spazio della sua attività, anche se le cure lo rendevano necessario, e non ha mai smesso di occuparsi degli altri, con quella
particolarissima curiosità intellettuale e con quella non meno importante passione civile che lo accompagnava. Dunque era prodigo di consigli, di
giudizi e aveva voglia di occuparsi ancora della cultura della sua città. Aveva guardato con preoccupazione le vicende difficili e recenti della sua Scala, ma guardava con altrettanta attenzione e affetto le vicende del suo Comunale; aveva consigli e grande affetto per le persone che aveva intorno, quelle che lavoravano con lui. Ho avuto il privilegio di avere in dono la sua amicizia, per antiche frequentazioni di teatro, per comune passione. Ho sempre guardato a lui come ad uno dei punti di riferimento culturali
possibili e ho avuto il suo aiuto e il suo consiglio nelle scelte che poi, anche autonomamente, ho dovuto compiere nell’interesse della nostra città,
soprattutto per quanto concerne l’attività della nostra cultura e della nostra cultura musicale. Avevo consigli, suggerimenti e anche qualche
sommessa richiesta. Credo che sarà necessario, è necessario, nel corso delle prossime settimane, dare risposta a qualcuno dei suggerimenti di
Carlo Maria, anche se lui non è più qui con noi. Sarà un modo compiuto e, spero, efficace per ricordarlo, per utilizzare la sua saggezza, la sua
lungimiranza, così come è stato fatto in tante altre circostanze. Questa città gli deve molto ed è importante che provi a restituirgli almeno una
parte della passione che lui ha dedicato alla comunità bolognese, alle donne e agli uomini, di quello che è stato per sempre, non soltanto il suo
luogo di nascita, ma anche, quando lavorava e operava lontano, il luogo al quale mai si è dimenticato di osservare con attenzione e con passione. Credo di dovere un forte abbraccio ad Ada e l’ultimo saluto a Carlo Maria,
anche per conto e da parte vostra”.