Domenica 12 Settembre, alle 17, al Castello di Canossa: ‘Fare Canossa… i monologhi del perdono’. Regia ed adattamento di Rosario Tronnolone in collaborazione con Gabriele Parrillo. Interprete Gabriele Parrillo. Lo spettacolo si svolgerà anche in caso di maltempo.

Ultimo appuntamento con la rassegna estiva degli spettacoli al Castello di Canossa.

Ancora una volta il meraviglioso scenario del Castello ospiterà il pubblico per farlo partecipare ad uno straordinario viaggio nella letteratura teatrale e poetica di tutti i tempi. Guidati dal tema del perdono e della penitenza, immagineremo chi oggi vorremmo vedere inginocchiato, non per vendetta, ma perché alle volte il pentimento può essere una strada per la redenzione e il perdono, una strada aperta verso una pace possibile nel nostro cuore….. Non perdete quest’ultima occasione per assaporare la magica atmosfera delle colline Canossiane!

“Lo spettacolare Castello di Canossa, ideale teatro dell’anima, con la bellezza mozzafiato dei suoi scorci , dei suoi resti e lo splendido museo, tesoro della storia matildica, ci ha fornito lo spunto per partire da qui, luogo emblematico di perdono e pentimento, per esplorare questi sentimenti. Quello che vi proponiamo è un cammino, fisico e interiore. Il percorso tracciato da questi testi procede, infatti, per gradi di consapevolezza e di maturazione, e ciascuno di essi corrisponde ad un diverso luogo fisico.

Il primo testo poetico, I due orfani di Giovanni Pascoli, è l’intuizione di un dolore dovuto ad una mancanza: la morte della madre lascia i due bambini “soli nella notte oscura”, spaventati dal minimo fruscio, ansiosi per un domani senza prospettiva e senza speranza, inspiegabilmente meno litigiosi, “più buoni” ora che non hanno più consolazione, né rifugio, né amore, perché non è più con loro colei che certo avrebbe visto, che certo avrebbe provveduto, che certo avrebbe perdonato.

Il secondo testo, la Lettera al padre di Franz Kafka, non parla esplicitamente di perdono, ma questa parola taciuta traspare da ogni amara ironia, da ogni rabbia repressa, da ogni commozione improvvisa. Il perdono da chiedere e da donare è il peso insopportabile di questa lettera, in cui un figlio rimane impigliato in un rancore doloroso che lascia spazio a tratti all’intuizione di un perdono possibile, di un bisogno di sciogliersi in lacrime, ma che si dibatte prigioniero di un orgoglio testardo.

Il terzo testo, il monologo del Re Claudio dall’Atto III dell’Amleto di William Shakespeare, esprime il bisogno di un’anima colpevole di liberarsi dai lacci soffocanti del rimorso. La mente sa che l’unica libertà può venire dal pentimento, ma il cuore rimane attaccato ai frutti del delitto, al trono, alla corona, alla regina. Shakespeare descrive insomma l’errore dell’anima in bilico tra salvezza e abisso: il destino di Claudio si gioca in realtà sull’asse verticale tra il pozzo del suo delitto e il dolce cielo verso cui solleva gli occhi, ma il suo cuore oscilla vanamente lungo l’asse orizzontale tra l’ambizione e la rinuncia, “come uno che, a due opre intento, è indeciso da dove cominciare, e le abbandona entrambe”.

Il quarto testo, il capitolo XXXV dei Promessi sposi di Alessandro Manzoni, ci guida, con Renzo, alla scoperta del significato più profondo del perdono, alla sua condizione stessa: l’amore. Quante volte diciamo di perdonare, quante volte perdoniamo senza renderci conto che la stessa reiterazione è la prova della nostra insincerità: non c’è vero perdono, obietta Frate Cristoforo a Renzo – e con lui a tutti noi – “finché tu non abbia perdonato in maniera da non poter mai piú dire: io gli perdono”.

Il quinto e ultimo testo è la risposta di Giovanni Testori ad una inchiesta del Corriere della Sera sul tema “A chi lasceresti il tuo patrimonio intellettuale?”. È il 26 aprile del 1992, Testori è già molto malato (morirà nel marzo dell’anno successivo): la sua risposta è una poesia, una preghiera, un testamento. È la consapevolezza che tutto è grazia, secondo l’espressione di Santa Teresa di Lisieux, è il ritorno, alla fine della vita, all’infanzia spirituale che permette lo stupore e la gratitudine “per tutto, anche per il dolore che il vivere comporta””.

Rosario Tronnolone

Età consigliata: dai 0 ai 99 anni. Inizio spettacoli: ore 17.00 presso l’area monumentale del Castello di Canossa. Accesso libero. Durante lo spettacolo i regolari turni di visita guidata verranno sospesi per permettere un adeguato svolgimento delle attività teatrali.

Per informazioni: AR/S ARCHEOSISTEMI Società Cooperativa: tel. 0522.532094 e-mail: servizi@archeosistemi.it CASTELLO DI CANOSSA: tel. 0522.877104 e-mail: info@castellodicanossa.it sito internet: www.castellodicanossa.it