La decisione del Parlamento Europeo di vietare, dal 2035, la vendita di veicoli a motore endotermico rischia di avere un pesante impatto sulla Motor Valley, di cui il nostro territorio è il baricentro, con un’intera filiera caratterizzata da grandi marchi e da una rete di subfornitura articolata che coinvolge centinaia di imprese e migliaia di addetti.

“Non vorremmo – si legge in una nota di Cna, Lapam, Confesercenti e Confcommercio – che questa decisione, presa peraltro in un contesto economico molto instabile e precario, si rivelasse controproducente in termini di difesa dell’occupazione e delle eccellenze non solo del territorio, ma dell’intera Europa. Il rischio è quello di perdere la professionalità dell’intera filiera, anche perché quello che si paventa, per l’industria automobilistica, è un salto nel vuoto”

La prima domanda è se esista oggi la capacità produttiva per far fronte a quella che sarà una domanda di energia elettrica sempre crescente. Altra questione tutt’altro che secondaria: lo smaltimento delle batterie esauste. Tutti temi importantissimi che rimangono ai margini della discussione.

“Ma soprattutto – si chiedono le Associazioni –quali sono le politiche pubbliche e le risorse che serviranno per la riconversione delle imprese e degli addetti che domani si occuperanno di auto elettriche? In particolare, quelle italiane, se si pensa che il motore elettrico della prima Ferrari ibrida, la SF90, arriva dall’Inghilterra?

Serve una massiccia pianificazione formativa ed infrastrutturale per far sì che la Motor Valley possa adeguarsi alla mobilità verde, ad esempio proponendo soluzioni di avanguardia per quanto riguarda il “combustibile” elettrico quale può essere l’idrogeno. In questo senso non va dimenticato che il nostro territorio vanta grandi competenze nell’ambito dell’utilizzazione dei gas compressi quali è appunto l’idrogeno.

“Non vorremmo – continuano le Associazioni – che questa decisione sia stata presa d’impulso, sulla base di un condivisibile obiettivo legato alla transazione ecologica, ma dimenticando in primo luogo le implicazioni economiche di questa scelta, in secondo luogo senza prima individuare quelle politiche e quelle azioni necessarie per far sì che l’automotive europeo, ed italiano in particolare, non perdano il vantaggio competitivo rispetto ai competitori asiatici e statunitensi”.